Un intervento a trencentosessanta gradi, in poco meno di trenta minuti. Dai dazi al Green deal, passando per la Conferenza sull’Ucraina e l’intesa possibile tra popolari e conservatori europei. Ma anche gli scenari futuri sulla legge elettorale, il premierato e la riforma della giustizia. Ma poi il tasto dolente che da ventiquattr’ore scombussola la maggioranza: lo ius scholae. «Il centrodestra è composto da forze politiche diverse, quelle forze politiche diverse su alcune questioni hanno sensibilità diverse», dice Giorgia Meloni, in collegamento con il Forum in masseria, la kermesse organizzata da Bruno Vespa e Comin&Partners. La premier, sulla proposta di Forza Italia, non ammette compromessi al ribasso: «Quando ci siamo presentati alle elezioni insieme abbiamo deciso di stilare un programma di governo diciamo che delineasse quali sarebbero state le azioni di governo», e tra queste, ricorda l’inquilina di Palazzo Chigi, «non c’è il tema della riforma della cittadinanza». I dossier su cui Vespa interroga la premier, in collegamento da Chigi, sono innanzitutto internazionali. A partire dall’Ucraina. E dal rischio che il sostegno degli States venga meno. «Gli Stati Uniti non hanno interrotto la fornitura all’Ucraina. Hanno rivisto la decisione di togliere determinate forniture», dice Meloni, aggiungendo di aver sentito Trump e di sperare in «sviluppi positivi» sulla questione. L’attenzione, da parte della leader di Fdi, è puntata tutta sulla Ukraine Recovery Conference che l’Italia ospiterà la settimana: «Penso che sia un fatto importante impegnarsi nella ricostruzione perché significa dire che crediamo in un futuro di pace per l’Ucraina». Più cauta sui dazi, per i quali Meloni non si sbilancia a fornire una soluzione. «Cosa accadrà non posso dirlo perché la competenza è della Commissione. Da parte italiana, abbiamo lavorato per fare in modo che il rapporto con gli Usa fosse franco e costante, teso a cercare di risolvere insieme i problemi». Sul fronte europeo, la premier non risparmia sconti sul Green new deal, e su quelle «regole assurde» di cui dice di aver «evidenziato la contraddizione negli ultimi vertici»: , mentre l’Europa, «da un lato auspica accordi di libero scambio, dall’altro stabilisce regole molto rigide per le sue aziende» E su questo fronte auspica, parlando con Vespa, «il sano buonsenso dei colleghi del Partito popolare europeo», ma aggiunge, « penso che prima o poi ci arriveranno perfino dal Partito socialista».
I DOSSIER NAZIONALI
Al giro di boa della legislatura, anche la prospettiva della nuova legge elettorale comincia a farsi più concreta. Pur ribadendo la «competenza parlamentare» sul tema, Meloni non rinuncia a dare un proprio giudizio: «Personalmente credo che sarebbe positivo avere una legge elettorale che vada bene anche quando venisse approvato il premierato, in quel caso il proporzionale con indicazione del premier e premio di maggioranza sarebbe una legge «giusta”. Sulle preferenze, la mia posizione è conosciuta la me posizioni sono variegate non so dire quale sarebbe l’esito». L’occasione del videocollegamento con Manduria è anche l’occasione per tornare a parlare delle politiche dei migranti che ancora negli ultimi giorni hanno continuato ad attirarsi non poche polemiche. Il progetto dei centri per Migranti in Albania, assicura Meloni, «va avanti, nonostante siano evidenti i tentativi per impedire che questa iniziativa non vada avanti a tutti i costi». Il che, aggiunge, «dovrebbe farci molto riflettere su quale sia il ruolo della politica e il ruolo di altri poteri dello Stato». In ogni caso, il protocollo Italia- Albania continua a rappresentare, per la premier, «un’idea di successo», ripresa anche da molti altri Paesi.
E poi il decreto Flussi, su cui la stoccata è rivolta alle opposizioni: «Mi diverte che si stia gridando allo scandalo perché il governo ha approvato un nuovo decreto flussi. Evidentemente la sinistra e il M5s preferiscono il sistema che c’era quando governavano loro cioè le porte spalancate a chi arriva illegalmente con gli scafisti e zero ingressi regolari alle persone perbene». Quanto alle grandi riforme — quella della giustizia e del premierato — Meloni non mette paletti sulle tempistiche dei referendum che, ricorda, «dipendono dal Parlamento, per me è importante realizzarle». Quel che è certo, ragiona, se il referendum sul premierato si terrà nella prossima legislatura «non si potrà dire che è una riforma che garantisce noi stessi e si potrà parlarne nel merito».
IL TAX CREDIT
Nel colloquio, alla fine, c’è posto pure per il tax credit, su cui, dice Meloni,«Sangiuliano aveva toccato un nervo scoperto». E tira in ballo in caso Kauffman che descrive come «l’epilogo più drammatico e scandaloso di un sistema che negli anni ha generato delle vere e proprie truffe». Alludendo a «ulteriori correttivi per fare sì che chi merita possa lavorare con tranquillità mentre i soldi che andavano ai soliti noti con le tasche piene e le sale vuote» possano essere usati meglio. Da Manduria l’elenco delle priorità da qui al resto della legislatura.
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