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nella lista dai carri armati ai droni. La mossa di Crosetto


A Bruxelles la battaglia per il riarmo europeo è ancora aperta. La premier Giorgia Meloni prende tempo sull’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di stabilità e chiede flessibilità alla Commissione europea per aumentare le spese nella difesa. A Roma intanto il riarmo è già entrato nel vivo. Il governo accelera sull’acquisto di armi per stare al passo con le richieste della Nato e del presidente americano Donald Trump. Bombe, missili anticarro, mine subacquee e granate, jet e fregate. D’ora in poi le forniture militari più sensibili e urgenti delle Forze armate italiane viaggeranno spedite, senza troppi freni e cavilli burocratici. Se necessario, in caso di emergenza, in deroga alla normativa sugli appalti pubblici e con contratti segretati.

LA NORMA

Un emendamento scritto dal ministero di Guido Crosetto al decreto infrastrutture letto dal Messaggero introduce una corsia speciale per gli appalti militari «per garantire alle Forze armate la piena operatività nell’attuale scenario internazionale, in compiuta aderenza agli standard richiesti in ambito Nato». L’obiettivo, spiegano fonti di Palazzo Chigi, è dimezzare i tempi per l’acquisto di armi e sistemi militari considerati fondamentali per far trovare pronte le nostre forze armate di fronte «allo scenario geostrategico attuale». Il governo dovrebbe presentarlo nei prossimi giorni, anche se non si esclude un rinvio: dopo il can can politico sul caso dei pedaggi, a Piazza Colonna soppesano in queste ore l’opportunità di procedere con una proposta politicamente sensibile come questa. Che si muove in due direzioni. Da un lato elimina il controllo preventivo della Corte dei Conti e della Ragioneria generale sui «contratti nel settore della difesa relativi alla produzione o al commercio di armi, munizioni e materiale bellico» che sono destinati «ai fini specificamente militari e per i quali lo Stato ritiene di adottare misure necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza». Cosi come per i contratti top secret che, se sottoposti alla normativa sugli appalti pubblici del 2011, obbligherebbero «lo Stato italiano a fornire informazioni la cui divulgazione è considerata contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza». Sarà una commissione segreta ad hoc – nominata da Crosetto e composta da magistrati della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato e da esponenti delle forze armate – a valutare ex post se ci sono i presupposti per procedere con gli appalti in deroga. Dall’altro prevede appunto una corsia preferenziale per le commesse militari più urgenti. La guerra in Ucraina che non accenna a pause, una Nato riarmata contro la minaccia russa, la polveriera mediorientale sempre a un passo dall’esplosione. Il momento è grave, spiegano i tecnici del governo e l’Italia deve «fronteggiare carenze di capacità difensive da affrontare con l’approvvigionamento urgente di attrezzature nuove o aggiuntive». Di qui il salto in avanti nell’acquisto di forniture belliche. Di che si tratta? I contratti interessati dallo sprint serviranno ad acquistare un ampissimo ventaglio di armi e munizioni. Il governo fa riferimento alla lista stilata dall’allora Comunità europea nel lontano 1958. Comprende “veicoli anfibi”, mezzi blindati per il trasporto di truppe e munizioni, cannoni e obici, lanciatori di missili, perfino treni e navi militari. Ma anche cavi sottomarini, sistemi a infrarossi e visori notturni, tutto quel che serve a un esercito. Ovviamente la lista non è esaustiva e va aggiornata alla luce delle nuove esigenze delle forze armate: radar e droni, sistemi anti-missile di ultima generazione. Il ministero di Crosetto prende atto che l’attuale equipaggiamento degli uomini e delle donne in divisa non è sufficiente. Di qui l’urgenza, a due settimane dal summit Nato in Olanda che ha certificato il balzo in avanti nelle spese militari dell’Alleanza Atlantica, di «potenziare le capacità esistenti entro tempi che non possono essere rispettati con il normale ciclo di acquisizione».

IL “MACHETE”

Da tempo il ministro Fdi auspica un “machete” contro la burocrazia. E in effetti un piccolo machete viene abbattuto con la nuova norma sui controlli per l’acquisto delle forniture militari. Non saranno eliminati ma, in caso di emergenza, demandati alla commissione mista ad hoc nominata dal ministro: il presidente dovrà riferire ogni sei mesi al Copasir. Insomma il governo schiaccia sull’acceleratore ora che acquistare nuovi sistemi d’arma non è più un optional ma una scelta obbligata dai nuovi impegni con la Nato: per arrivare al 3,5% del Pil nella difesa entro il 2035 promesso al summit dell’Aia l’Italia sfiorerà una spesa annuale nel settore di 70 miliardi di euro. Solo i programmi di acquisto già avviati, annota Milex, l’osservatorio sulle spese militari, ammontano oggi a quasi 73 miliardi. Dentro c’è di tutto: l’ordine di altri 24 caccia Typhoon per il programma Eurofighter, altre due fregate lanciamissili Fremm. Per l’esercito il programma da 23 miliardi per il rafforzamento delle forze corazzate cingolate 280 nuovi carri armati pesanti Panther. Il riarmo è già realtà.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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