Basta promesse e mance, bandierine e fuoco amico. Questa mattina Giorgia Meloni terrà il punto nell’atteso vertice con gli alleati del centrodestra a Palazzo Chigi. Ai vice Matteo Salvini e Antonio Tajani e a Maurizio Lupi farà un discorso di spogliatoio. In sostanza: «Abbiamo un programma da realizzare e ci atterremo a questo». E non prevede deviazioni — lo Ius Scholae su cui è in pressing da settimane Forza Italia — né sparate a rialzo in vista della finanziaria, come la campagna leghista sulle pensioni e Quota 41.
I PALETTI
Si apre con un durissimo monito, il vertice del centrodestra. Firmato Matteo Salvini. «Sono sicuro che il governo continuerà a lavorare per i prossimi tre anni, se segue il programma», dice il «Capitano» leghista a tarda sera. Una stoccata alla battaglia di Forza Italia e Tajani per lo ius scholae, il diritto alla cittadinanza per gli stranieri che studiano avversatissimo a via Bellerio. Tant’è. A piantare i paletti ci penserà anzitutto la premier dopo un’estate di logoramenti interni alla maggioranza, e insieme, nel vis-a-vis, detterà l’agenda per i prossimi mesi. Si parla di manovra al tavolo, anche se «dobbiamo ancora scriverla», ha chiosato ieri infastidita la presidente del Consiglio apparsa nel pomeriggio in un video-selfie al fianco del titolare dei conti Giancarlo Giorgetti in maniche di camicia, per smentire le voci di un taglio dell’assegno unico per le famiglie. Segue affondo sui migranti, nelle ore in cui il governo riscrive la legge Bossi-Fini e prepara la stretta sui flussi regolari: «Sull’assegno unico stiamo dando battaglia in Europa proprio perché non si creino problemi, visto che la Commissione europea ci dice che dovremmo darlo a tutti i lavoratori immigrati in Italia, che vuol dire uccidere l’assegno unico». La caccia ai fondi per la finanziaria è partita da un pezzo, ma sul tavolo di Palazzo Chigi oggi incombono altre urgenze. Come i balneari: niente più tentennamenti, bisogna venire incontro l’Ue e disinnescare la procedura d’infrazione contro l’Italia, la linea della premier. Raffaele Fitto, Commissario europeo designato, ha messo a punto il decreto per la messa a gara delle spiagge italiane.
La soluzione è un compromesso conciliante con le richieste di Bruxelles. Via libera solo a mini-proroghe e indennizzi per i concessionari uscenti. Per il resto: tutti a gara, ce lo chiede l’Ue. La norma finirà nel decreto infrazioni, forse la prossima settimana, Meloni vuole che tutta la coalizione ci metta la faccia. Ancora ieri circolava una bozza sui siti specializzati che prometteva proroghe per tutti. L’esatto opposto di quanto abbozzato da Fitto e Meloni che teme lo smarcamento di Salvini e per questo chiede di serrare i ranghi. Menù ricco a Palazzo Chigi. Su cui si staglia l’ombra del cavallone di viale Mazzini: che ne sarà della Rai? Giampaolo Rossi, vedetta meloniana nella tv pubblica, sarà promosso Ad. E in queste ore si è sbloccato lo stallo con la Lega: c’è il via libera di Fratelli d’Italia a concedere a Salvini il direttore generale (in pole Marco Cunsolo).
Il vero nodo è la presidenza: per eleggere Simona Agnes, apprezzata dirigente in rampa di lancio con la benedizione di Forza Italia (e Gianni Letta) servono i voti dell’opposizione in vigilanza. FdI fa scouting da settimane. Mariastella Gelmini di Azione (ma data vicina a un ritorno in FI) è pronta a dire sì, così anche Dieter Steger di Svp. Per avere una chance mancano i due voti dei consiglieri grillini e per convincere Giuseppe Conte a non seguire il centrosinistra nel suo Aventino servirà più di una pacca sulla spalla.
I FLUSSI REGOLARI
Frenate e accelerazioni, si diceva. Tra le prime, quella di Meloni sullo ius Scholae: la bandiera sventolata dal partito azzurro, in una rediviva campagna sui diritti, non sarà issata dalla premier. E ancora, l’autonomia: Salvini vorrebbe la firma della premier su un patto dei governatori leghisti al Nord — Fontana, Zaia, Fedriga — per ottenere subito autonomia normativa e di spesa sulle materie non-Lep, dal commercio alle pensioni. Un vessillo da issare a Pontida, sul «sacro» pratone nello storico raduno di inizio ottobre nel bergamasco. Né Meloni né Tajani però sono a favore di uno scatto in avanti sulla legge federalista: calma e gesso.
E se sulle regionali c’è ancora da limare — non ci sarà election day tra Umbria, Liguria ed Emilia-Romagna ma il centrodestra tentenna ancora sul nome per il dopo-Toti — uno sprint arriverà invece sul fronte migranti. Entro metà settembre atterrerà in Cdm un decreto che modificherà la Bossi-Fini, legge totem sull’immigrazione considerata intoccabile dal Carroccio. E invece sarà (ri)toccata, con una stretta sul decreto flussi per evitare truffe negli ingressi dei lavoratori regolari. Fra le novità, quote contingentate per ogni regione e un pre-screening delle aziende che fanno richiesta di lavoratori, per fermare in tempo il business della criminalità denunciato da Meloni a giugno con un esposto alla Direzione nazionale antimafia.
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