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martedì la premier tocca quota 1.025 giorni


Qualcuno, nelle file dei meloniani, già ci scherza su, immaginandosi la premier al volante della Lancia Aurelia come nel capolavoro in bianco e nero di Dino Risi con Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant. Del resto porta con sé una forte carica simbolica, quel “sorpasso” che si appresta a compiere Giorgia Meloni. Pronta, se non a fare gestacci come nel film, comunque a trovarsi nello specchietto retrovisore Matteo Renzi. La data cerchiata in rosso sul calendario è quella di domani. Quando la leader dei Fratelli toccherà un traguardo tagliato da pochi altri governi prima del suo: quello dei 1.024 giorni a Palazzo Chigi. Lo stesso lasso di tempo in cui rimase in carica, dal 2014 al 2016, il suo predecessore fiorentino. Da martedì, in altre parole, Meloni potrà rivendicare di essere rimasta nell’ufficio con vista su piazza Colonna più tempo dei “mille giorni” spesso ricordati da quello che, da circa un anno, è diventato il suo più acerrimo oppositore. Non un record, ma comunque una meta tutt’altro che scontata, in un Paese in cui dall’inizio della storia repubblicana la durata media di un esecutivo si ferma a per tredici mesi.

LA CLASSIFICA

Non stupisce più di tanto quindi che con i suoi quasi tre anni, quello di Meloni si appresti a diventare il quarto governo più longevo dal 1948. Pronta a insidiare un podio rimasto immutato dal 2011. Quando il Berlusconi IV – rimasto in sella dal 2008 al 2011 – si piazzò al secondo posto, con 1.287 giorni all’attivo. Superato solo dal precedente governo del Cav, dal 2001 al 2005 (1.412 giorni). Medaglia di bronzo, invece, per il Craxi I, con 1.093 giorni dall’83 all’86. La timoniera di FdI non ha mai fatto mistero di nutrire un’ambizione: fare del suo il primo (e per ora unico) esecutivo a restare in carica per cinque anni ininterrotti. Senza rimpasti, senza dimissioni, senza passare dal Quirinale. Traguardo che, con tre vittorie elettorali e una carriera politica quasi trentennale, non riuscì neanche al fondatore di Forza Italia. Che pure come detto nel 2005 ci andò a un passo, quando si dimise per la crisi di governo post risultato elettorale delle regionali e tornò in sella dopo le consultazioni fatte da Ciampi che gli riaffidò l’incarico.

Un risultato che, per Meloni, non è ancora vicinissimo: al finire della legislatura manca infatti un anno e mezzo circa (con ogni probabilità nel 2027 le urne verranno anticipate dall’autunno alla primavera). Mentre per superare il primato di Berlusconi bisognerà aspettare fino al 4 settembre 2026. Più vicina, invece, la medaglia di bronzo, ossia il “sorpasso” su Craxi. Che, calendario alla mano, verrà festeggiato il prossimo 20 ottobre. Intanto però a via della Scrofa ci si appresta a godere del fatto di essere stati “più bravi” di Renzi. Un po’ come quando, un mese fa, si festeggiava il sorpasso su un altro oppositore, Giuseppe Conte, rimasto a Palazzo Chigi per 988 giorni, ma con due governi diversi. «Lo supera anche per serietà e lungimiranza», gongolavano in quell’occasione dal profilo social di Atreju. Chissà cosa si potrà dire allora quando tra i predecessori doppiati ci sarà Renzi, che alla premier (in questa fase) non ne fa passare una, dal caso Almasri in giù. E dire che tra i due, subito dopo che Meloni sbarcò a Palazzo Chigi, i rapporti parevano improntati alla cordialità. Lui che le dava consigli su come gestire lo stress di guidare un governo e sull’importanza del riposo (le regalò per fino un anello per monitorare il battito cardiaco). Lei che, alla prima fiducia in Senato, lodò coi suoi quello di Renzi come il discorso più lucido di tutti. E poi gli scambi di messaggi, i contatti sulla situazione internazionale, le battute. Fino alla rottura, plateale, un anno dopo. Passata per le stoccate di lui sulla famiglia della premier e gli affondi di lei sui rapporti con il saudita Bin Salman. Fino a quella che dentro Italia viva hanno ribattezzato la legge anti-Renzi, la norma infilata dalla maggioranza nella legge di bilancio per impedire ai parlamentari di incassare compensi da società che hanno sede fuori dall’Ue.

GLI SCONTRI

Dal canto suo, il leader di Iv in questi giorni è tornato alla carica: quelli di Meloni, per lui, sono stati «mille giorni di promesse mancate, tasse aumentate, famiglie più povere». Altro che — rintuzzano i fedelissimi del senatore di Rignano — i tre anni di governo Renzi: «Noi abbiamo lasciato in eredità gli 80 euro, le unioni civili, la legge sul dopo di noi. Meloni cosa lascia?». «Nervosismo del “sorpassato”», se la ridono i meloniani. Che intanto festeggiano per la «stabilità» del governo, condizione che la premier ha sempre ritenuto necessaria per dare credibilità al Paese e mettere in campo le riforme. Durare non sarà tutto, come suggeriva Andreotti. Ma di certo aiuta.


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