Una strigliata in piena regola. Per blindare la Manovra. E arrestare l’assalto alla diligenza da parte della maggioranza. Una lettera del titolare ai Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani inviata ai colleghi ministri detta le regole. Chiede, anzi intima di presentare solo un emendamento per ogni dicastero, perché i fondi per contentare le richieste di tutto il governo, semplicemente, non ci sono.
LA MISSIVA
Nella missiva che Il Messaggero ha letto il veterano di Fratelli d’Italia usa parole nettissime. Critica il fiume di “ritocchi” alla Manovra proposti dai ministri: 80 emendamenti. Troppi. Lo ha detto senza mezzi termini la stessa premier Giorgia Meloni durante il vertice di governo andato in scena a Palazzo Chigi martedì. Un pacchetto di modifiche così corposo «avrebbe l’effetto di pregiudicare l’ordinato svolgimento dei lavori della Commissione e l’approdo in Aula del provvedimento in tempo utile», spiega allora Ciriani. Lamentando peraltro che «sono pervenute alcune proposte prive di copertura finanziaria e/o di relazione tecnica a cui non è pertanto possibile dare seguito». Si accendono insomma i fari di Palazzo Chigi sull’iter della legge di bilancio. Una «Manovrina», accusano le opposizioni criticando la dote assai più ristretta rispetto agli anni scorsi: 18,7 miliardi di euro. Ma anche dal centrodestra c’è chi alza la voce. Ieri mattina a varcare il portone del Mef ci ha pensato il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Da giorni lamenta ad ogni tavolo il taglio secco del Fondo per il cinema: cento milioni di euro. Le associazioni di categoria sono sul piede di guerra e il ministro di Fratelli d’Italia ha promesso di colmare il buco lasciato dalla Finanziaria. Si siede al tavolo con Giancarlo Giorgetti e la Ragioniera generale Daria Perrotta. Porta al ministero di via XX Settembre la proposta annunciata alla vigilia: spostare 101 milioni dalla dote per i contributi automatici alle imprese dell’audiovisivo. Ma è una via ad oggi impraticabile, fa capire Perrotta ricordando le regole del Patto di Stabilità:prima di cambiare destinazione a quel tesoretto bisogna verificare gli equilibri di finanza pubblica. Impossibile farlo dalla notte al giorno. Si studia comunque una soluzione. Il Mef apre al recupero dei cento milioni al Fondo per il cinema per l’anno prossimo. Cinquanta milioni potrebbero essere ritagliati dal Fondo di Sviluppo e Coesione. Si vedrà. I margini, per il resto, sono strettissimi. E lo dimostra la mail inviata dai Ciriani ai suoi colleghi, con particolare attenzione a quei ministeri che si sono dimostrati decisamente troppo di “manica larga” nelle richieste di ritocchi alla Manovra.
Il ministro dà un ultimatum. Scade oggi alle 11: entro stamattina i ministeri dovranno ridurre a una sola le richieste di modifiche. «Sarà nostra cura, nel caso in cui l’emendamento indicato presentasse profili di improponibilità rispetto al contenuto proprio della legge di bilancio, informarvi tempestivamente al fine di consentire l’individuazione di una diversa proposta emendativa in sostituzione». Avviso ai naviganti. Simili indicazioni, del resto, sono state date ai gruppi parlamentari del centrodestra al Senato. Con una curiosità. Il “tesoretto” per i ritocchi parlamentari, quest’anno, sarà ridotto all’osso. Ogni senatore, per i propri emendamenti, avrà una dote di circa 500mila euro. Vietato sforare. La matematica della quarta Manovra targata Meloni non fa sconti. E pone nel frattempo un problema politico. Come “raccontare” agli elettori una finanziaria più dietetica del solito? La premier ha già spiegato i vincoli con cui quest’anno ha dovuto confrontarsi il governo. Quelli europei, che impongono all’Italia il rigore dei conti per uscire dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo entro la fine dell’anno. E insieme il balzo nelle spese per la Difesa chiesto dalla Nato.
IL VERTICE DI FDI
Serve comunque una narrazione “politica”. Di questo si è parlato martedì in una riunione ristretta a via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, presieduta dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. L’indicazione è questa: raccontare la Manovra come parte di «un percorso iniziato tre anni fa». Insomma mettere le cose in prospettiva. Dall’ufficio studi del partito sarebbero già al lavoro per preparare un “opuscolo” che spieghi a elettori e militanti come e perché questa finanziaria non è affatto una «Manovrina».
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