«Questo crollo mi ha reso furioso. Non ha idea di quante volte ho segnalato le condizioni precarie della Torre, a più riprese. Ho scritto relazioni, ho lanciato l’allarme, preavvisato tutti dei possibili rischi di cedimenti… Ho sempre avuto la percezione che prima o poi sarebbe successo, mi sono trascinato questo retro pensiero per anni. Quando ho visto quella tragica scena, quasi non ho dormito la notte. Una rabbia e un dolore che non ha idea». Roberto Meneghini parla con l’amarezza nella voce. Per trent’anni è stato l’archeologo funzionario della Sovrintendenza capitolina responsabile dell’area dei Fori Imperiali. In servizio dal 1991 all’anno della pensione nel 2021. Praticamente una carriera nel cuore dell’area archeologica centrale di Roma. Per lui, la sorte della Torre dei Conti è stata un po’ una sorta di cronaca di un crollo annunciato.
Che cosa aveva segnalato a più riprese?
«A livello interno, ogni anno predisponevamo la valutazione generale sul patrimonio culturale. E nella relazione tecnica della Torre dei Conti ho sempre segnalato tutte le sue criticità. Compresi gli episodi di distacchi di materiale. Che poi sono i contenuti riportati nella scheda sullo stato strutturale della Torre allegata al progetto dei lavori. Le strutture vengono definite chiaramente fatiscenti, con la vegetazione insinuata nelle fessurazioni. Insomma, era palesemente a rischio».
Andiamo con ordine. Da quand’è che ha cominciato a fare le segnalazioni sulle gravi condizioni della Torre?
«Nel 2006 la Torre è stata svuotata, sono andati via tutti quelli che avevano a vario titolo le attività d’ufficio dentro la Torre. Nel 2007 è stata chiusa definitivamente. E da quel momento ci siamo resi conto delle effettive condizioni: l’edificio andava deteriorandosi».
Poi che cosa è stato fatto?
«Nel frattempo non è stata mai fatta manutenzione all’edificio. Purtroppo la mancanza di manutenzione per anni provoca queste cose. Si è sempre vissuti nell’eterna attesa dello sponsor. Dopo qualsiasi segnalazione si ragionava in termini di progetti da proporre a mecenati. A metà degli anni ‘10 si stimarono 4 milioni di euro per risanarla. Ma non succedeva niente. Io stesso accompagnavo in processione possibili sponsor ma la situazione appariva subito complicata e nessuno voleva metterci le mani. Venne anche l’impresa che voleva aprire l’Acquario al laghetto dell’Eur. Si parlò di farne un centro a tema…Poi nulla».
Lei aveva un suo progetto specifico?
«Con il professore Riccardo Santangeli Valenzani avevamo proposto il progetto di farne un Museo medievale dei Fori Imperiali. Era il 2016, lo pubblicammo sul bollettino comunale negli atti di un convegno. La mia proposta era di risistemare la torre, alleggerendone la struttura per allestire il Museo della Forma Urbis. All’epoca venne giudicata anche una proposta suggestiva. Tra l’altro, la Forma Urbis sarebbe tornata a casa, visto che proviene dal Foro della Pace, su cui è stata edificata la Torre dei Conti. Purtroppo vennero fatte scelte diverse. Pensare che su questo destino sono stato quasi profetico».
In che senso è stato profetico?
«Nel 2022 ho pubblicato un articolo su Archeologia Medievale dal titolo “Fori Imperiali nel Medioevo: lo stato e le prospettive della ricerca dopo 35 anni di archeologia urbana (1985-2020)”. La parte conclusiva del mio testo riguardava la proposta di realizzare una sezione medievale del Museo dei Fori all’interno della Torre. Scrivevo: la mia proposta avrebbe un doppio effetto: salvare dalla imminente rovina la Torre e valorizzare uno dei più importanti monumenti post classici di Roma creando al suo interno un vero e proprio museo del Medioevo dei Fori Imperiali…».
Insomma, si è sottovalutato il rischio?
«Sì. Ma non solo. C’è da dire che la Torre ha retto incredibilmente al terremoto del 2016, a scosse del sesto grado. I solai all’epoca, apparivano persino stabili, le prove di carico diedero esito positivo. Qualcosa l’ha ulteriormente destabilizzata, aggiungendosi ad un degrado già diffuso».
Ma che cosa? Un’idea se l’è fatta?
«Io forse non avrei fatto lo scavo archeologico sotto la torre, nell’area dei giardinetti di largo Corrado Ricci. Forse troppo alto il rischio di andare a compromettere la coesione del terreno alla base. L’intento scientifico è lodevole certo. Ampliare l’area dei Fori e riportare alla luce la parte del Templum Pacis speculare alla parte del monumento di fronte alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Uno scavo fatto per ampliare la conoscenza del monumento. Ma che toglie terra».
E ora, che scenario si schiude per la Torre?
«Complicatissimo. Oltre al blocco totale del centro di Roma, solo la rimozione del materiale, la cernita del materiale medievale da quello moderno, la perizia del perito della magistratura e le indagini… se ne andranno via mesi e mesi».
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