Ventiquattr’ore o poco più. Tanto è bastato per spegnere il sogno dell’agognato duello tra Elly Schlein e Giorgia Meloni all’ombra di Castel Sant’Angelo. La trama è arcinota: alle 19 di mercoledì 26 novembre la leader dem fa filtrare la disponibilità al faccia a faccia con la premier ad Atreju. Alle 19 passate del giorno successivo la risposta dell’inquilina di Palazzo Chigi: sì a un confronto unico in cui partecipi anche il leader del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte. In mezzo, una chiamata. A comporre il numero dell’avvocato di Volturara Appula è la presidente del Consiglio in persona. Un passaggio necessario per assicurarsi l’avallo di Conte prima di alzare pubblicamente la posta in gioco. E proporre d’intesa il “triello”, un’opzione in grado di mettere alle strette la segretaria dem. Il «giuoco delle parti», fisiologico in politica, in cui — anche stavolta — Conte ha vestito i panni di Jep Gambardella.
LA TELEFONATA
Il sospetto, nutrito da molti — e anche dai dem — di un filo diretto tra Chigi e Campo Marzio, quartier generale del M5S, viene oggi confermato da fonti accreditate al Messaggero. E spiega, in parte, il tempo intercorso tra la risposta di Schlein e la replica della premier. Che l’idea fosse di aprire il dibattito a terzi lo aveva fatto desumere, d’altronde, anche la reazione a caldo del responsabile Organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli: «L’unica cosa che ci interessa è non mancare di rispetto agli altri leader dei partiti di opposizione che hanno dato disponibilità senza porre alcuna condizione». Ma è stata la telefonata del giorno successivo a concretizzare il proposito. «Invito anche te, ci stai?», la domanda. «Sì», la risposta. L’input è partito da Meloni, ma anche Conte c’ha messo del suo: «L’anno scorso, quando ero stato invitato ad Atreju, avevo sondato la disponibilità della premier Meloni per un confronto diretto con me, ma allora non mi venne data. Tocca a loro decidere se cambiare il format», le parole pronunciate dal leader M5S in un’intervista al Foglio, e ribadite a più riprese nel corso della giornata, prima della risposta ufficiale di Meloni. Se la sponda con la premier è per certi versi “inedita”, non lo è il tentativo del leader pentastellato di provare a scongiurare un duello «Elly-Giorgia».
Basta riportare le lancette dell’orologio indietro alla vigilia delle Europee 2024. Quando si era fatta largo l’idea di un incontro tra le due nel salotto di Bruno Vespa: «Il confronto tv che Meloni e Schlein hanno apparecchiato da mesi in Rai è stato giudicato lesivo della parità di trattamento rispetto alle altre forze politiche», la stoccata di Conte all’indomani della pronuncia dell’Agcom, motivata anche dall’impostazione proporzionale della legge elettorale, che fa sì che ogni forza politica corra per sé: «Cara Giorgia che farai adesso? Ti tirerai indietro rispetto a un confronto con il sottoscritto e gli altri leader?», aveva incalzato al tempo l’ex premier del governo giallorosso. Se il guanto di sfida diretto è per Meloni, quello implicito spetta ad Elly Schlein. Che, ancora ieri, ospite di Enrico Mentana, al TgLa7 (oggi toccherà alla premier), è tornata a ribadire la sua ricetta in vista delle elezioni politiche del 2027: «Ci arriveremo con una coalizione progressista, la sfida è apertissima». Impossibile non toccare il tasto della premiership: «Se sarò io a guidare un governo di centrosinistra? Io sono a disposizione ma le modalità di scelta del candidato premier le sceglieremo insieme: con un accordo di coalizione su chi prende un voto in più come fa il centrodestra, o con primarie a cui sono disponibile a partecipare».
DISCRETAMENTE UNITARI
Dalle parti del M5S, per il momento, prevale la linea del “discretamente” unitari. Lo dimostra il lancio del “cantiere” 5 stelle per il programma 2027. Un modo per fare un bilancio, con la propria base, delle priorità da poter poi mettere in comune con gli altri partiti della coalizione. Ma anche una mossa con cui “l’avvocato del popolo” ha, difatti, anticipato l’eventuale lancio di un tavolo programmatico di coalizione. Anche se pungolata, la segretaria non ha fatto commenti sull’incontro sfumato con Meloni. «È destino che non vi incontriate», la battuta bonaria di Enrico Mentana. Di certo Giuseppe Conte, un po’ come Jep Gambardella, vorrà partecipare o, se impossibile, avere il potere di farlo fallire.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA



Leave feedback about this