«Roberto, Roberto!». Altro che Orban, paparazzato sul lago d’Iseo per assaggiare la tinca al forno che tanto gli era stata decantata da un fido ministro dopo il G7 di Siracusa. Altro che Wilders o Macinka («Ma…chi?», il grattacapo di qualche leghista meno addentro alle questioni dei sovranismi europei). Altro che Fuster, lo spagnolo portavoce di Vox, che pure a vederlo somiglia tanto a Salvini: la vera rockstar di Pontida è lui, il generale. Sarà l’aura di novità di chi sale per la prima volta sul palco della festa, sarà che «i comunisti» lo accusano di ogni nefandezza, e questo non fa che accrescerne l’interesse nel pubblico. Sarà, come racconta una militante venuta apposta dal Trentino per vedere da vicino mister 560mila preferenze, che «lui dice tutto quello che penso proprio come lo penso io». Insomma questa Pontida è anche un po’ un Vannacci day. Un battesimo del sacro suolo condito dal mistero: «Che farà il generale? Va, resta? Fonda un partito suo?». Lui lo sa e si gode la scena. Potendosi pure permettere il lusso di dire ciò che altri, come chi ha ruoli ministeriali o parlamentari di peso, per forza di cose può solo abbozzare, lasciar intendere.
E così azzanna sullo Ius scholae, Vannacci: «Non bisogna cedere a chi vuole svendere o regalare la cittadinanza, i nostri nonni se la sono guadagnata sul Carso. Se andate in Arabia saudita, pensate di diventare arabi dopo cinque anni?» (tutti in coro: “nooo”). Spara ad alzo zero su Bruxelles: «Basta cedere sovranità a chi ogni giorno cerca di rosicchiarcela». E poi dice (e non dice) sul suo percorso nel Carroccio. Insomma gigioneggia.
LA TESSERA
Prima, coi cronisti che lo braccano dappertutto, assicura che «la lega? Non la userò come un pulmino». Sulla tessera però glissa: «Iscrivermi? Vedremo. Il calore di oggi dimostra che sono già in questa comunità, anche senza tessera». Poi sul palco: «Oggi sono qua – ribadisce – chi l’avrebbe detto? Dicevano che per Vannacci la Lega era un taxi, invece no, perché credo nella parola data e nell’onore». Insomma, Salvini può stare tranquillo. O forse no? Perché il generale, come ormai ha abituato i suoi fan, «non esclude» neanche di candidarsi al futuro congresso del partito, quando sarà. «Ne parleremo quando sarà il momento», apre uno spiraglio. Che si sia messo in testa di scalare il Carroccio?
Chissà. Non sarà un vero e proprio “predellino”, come quello del Cav quando in un’altra epoca lanciò il Pdl. Un po’ però la scena gli somiglia, perché per farsi sentire fuori dal palco – attorniato com’è dagli ammiratori – il generale sale su un nascondi-cavi vicino allo stand dove si vendono le sue fatiche letterarie. «Non è un assedio ma un piacevole momento», sorride, ammiccando alle impronte di rossetto che qualche ammiratrice un po’ più audace gli ha lasciato stampate sulle guance. Del resto i militanti lo inseguono, lo cercano fin dalla mattina. Lui, scortato da Fabio Filomeni, presidente dell’associazione il Mondo al contrario che a novembre farà il grande balzo trasformandosi in movimento politico, fatica a muoversi tra gli stand, tanta è la gente che lo attornia.
GLI AUTOGRAFI
Saluta i militanti del Molise e della Puglia (che gli offrono taralli), si ferma a chiacchierare con quelli del Piemonte (dove invece si vende una “tisana digestiva defatigante”: che sia un segnale per chi si rode il fegato sul futuro dell’ex parà?). Piace a tutti, il generale: giovani e anziani, signori e (tante) signore. Sì mettono in fila per farsi autografare uno dei suoi due bestseller, che a Pontida vengono venduti dai volontari accanto agli altri testi della casa: “Controvento” di Salvini e poi “L’Umberto”, sulla nascita della Lega e di Bossi. Ma agguantare l’agognato selfie non è facile, con tanta calca, e c’è chi se la prende con la selva di cronisti e telecamere: «E basta, con voi ha già parlato».
Pure sul palco lo accolgono da vera star, quasi al pari di Salvini. Lui che ormai coi palchi ha confidenza, a furia di presentazioni su e giù per lo Stivale. È il volto del «nuovo corso» della Lega, Vannacci: «Un corso sovranista – spiega – come in parte è sempre stato». Un vento che del resto «soffia forte in tutta Europa», per questo a Bruxelles «hanno paura». Ricorda il giuramento di Pontida e la Lega lombarda («L’han giurato e si strinser la mano»), ricorda «le flotte del mondo cristiano che 450 anni fa riportavano l’Europa nelle nostre mani», contro gli ottomani. E proprio come la Lega Santa a Lepanto, assicura, noi «non molleremo di un millimetro, andremo avanti insieme e non ci fermeranno». Altro che nuovo partito: sono qui per restare, è la promessa del generale al popolo di Pontida. Che per un giorno lo incorona. Ma ecco la domanda che comincia a mettere ansia nello stato maggiore leghista: sicuri che sia solo per un giorno?
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