Commenti e retroscena del panorama politico
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«Stessa storia, stesso posto, stesso bar». Le casse sul pratone di Pontida sparano a tutto volume “Gli anni” degli 883, colonna sonora di quest’edizione del raduno leghista insieme a Pupo (“Su di noi”) e all’immancabile Alfa. Roberto Vannacci però preferisce De Gregori.
E alla vigilia dell’adunata sul “sacro prato” della bergamasca, mentre i giovani lighisti veneti ballano e spillano birra, a mezzanotte passata si lancia con loro in un karaoke di “Generale”. Su i telefoni, pronti a registrare, mentre qualcuno mima con le braccia la “X” della Decima. Perché Pontida, per i militanti leghisti, è soprattutto una grande festa. Spesso sopra le righe.
Tra polenta e arrosticini
E i supporter di Matteo Salvini e Vanancci per festeggiare sono arrivati da tutta Italia.
Duecento i pullman organizzati dal Carroccio, col pratone che alla fine restituisce il colpo d’occhio del pienone (merito pure del tendone ristorante che si mangia una bella fetta dello spiazzo).
A proposito di ristorante: la polenta, a Pontida, va ancora alla grande, nonostante il sole che picchia duro e spinge a mettersi in fila per una birra ghiacciata. Si può avere col formaggio ma pure con gli arrosticini, quasi un simbolo di quell’unione tra Nord e Sud che la Lega salviniana punta a incarnare.
Per i più tradizionalisti però c’è sempre il “pane e godeghì”, il panino con la classica salsiccia alla griglia, o magari i pizzoccheri valtellinesi. Oppure ci si può tuffare nelle specialità degli stand locali, dai pasticciotti pugliesi al caciocavallo lucano. Al gazebo della Sicilia oltre alle vettovaglie spunta un modellino di cartone del Ponte sullo Stretto: «È la volta buona!», sorridono i militanti.
I gadget
Si raccolgono firme contro il green deal Ue, vanno a ruba i libri di Vannacci. E poi i gadget: quest’anno il più venduto è la maglietta nera con l’immagine di Charlie Kirk, l’attivista trumpiano ucciso negli Usa a cui era dedicata Pontida 2025. «Ne abbiamo vendute più di 800 — raccontano i ragazzi del gazebo — mentre di quelle classiche della Lega un po’ meno, circa 500». Sul pratone però in tanti indossano la tshirt da capitano sfoggiata sul palco pure da Flavio Bolsonaro, bianca e blu con l’alberto da Giussano in rosso sul petto, e dietro il numero 10 e la scritta Salvini.
Ma per chi vuole c’è pure il cappellino (beige) con lo slogan di quest’anno, “Senza paura”: ne firma un bel po’ Salvini, una volta sceso dal palco. Dappertutto sventolano leoni di San Marco. E poi un paio di bandiere di Israele, uno striscione “Free Bolsonaro”, una miriade di cartelli listati a lutto per Kirk. Qualcuno si presenta col cappello degli alpini. Un altro con la barba dipinta di verde, il colore della “vecchia” Lega di Bossi. Ma a dominare, quest’anno, sono il blu e il nero. Segno dei tempi.
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