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Il centrodestra e le regionali, vertice decisivo dei leader per sbloccare il caso Veneto


L’appuntamento è per l’ora di pranzo. E la portata più appetitosa sul menu è anche quella a qualcuno dei commensali rischia di restare sullo stomaco: il Veneto. Si sblocca, dopo settimane di apparente stallo e contatti sottotraccia tra gli sherpa senza sostanziali passi in avanti, la partita delle regionali nel centrodestra. Con un vertice tra i leader fissato a Palazzo Chigi per mercoledì. Quando chez Giorgia Meloni sono attesi i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani (che sarà di ritorno da Washington) e il leader di Noi moderati Maurizio Lupi. Obiettivo dell’incontro: fare il punto sulle cinque sfide che attendono la maggioranza in autunno tra Veneto, Marche, Campania, Puglia e Toscana. E provare a sciogliere i diversi nodi ancora sul tavolo.

Quello più intricato resta il destino della regione governata dal 2010 dal leghista Luca Zaia. Un fronte sul quale il confronto proseguito in queste settimane tra gli emissari di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non ha prodotto sviluppi. Motivo per cui non si è potuto far altro che prendere atto che la questione «devono dirimerla i leader», spiega chi segue da vicino il dossier.

IL NODO

Che ci si riesca già dopodomani, però, è tutto da vedere. Anzi: più d’uno, tra i meloniani, non nasconde lo scetticismo. E c’è chi ipotizza che il vertice possa servire a chiudere intanto i dossier meno spinosi (in primis la Toscana, dove il frontman sarà il sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi di FdI, e la Puglia, dove salgono le quotazioni del forzista Mauro D’Attis). Quanto al Veneto, che potrebbe essere tra le ultime regioni ad andare alle urne (indicativamente nella seconda metà di novembre), non è escluso che alla fine si decida di rinviare tutto al ritorno dalle vacanze. Quando gli animi potrebbero essere più distesi.

La Lega continua a rivendicare per sé il dopo Zaia. E, a sentire chi nelle ultime ore ha avuto modo di confrontarsi con Salvini, non ha alcuna intenzione di mollare. I meloniani, dal canto loro, continuano a ritenere doveroso un riequilibrio dei rapporti di forza sui territori, che non rispecchiano più il peso elettorale di ciascuno. «FI governa cinque regioni, la Lega quattro, noi tre: le proporzioni non sono queste», ripeteva solo tre giorni fa da Napoli Giovanni Donzelli, numero uno dell’Organizzazione di FdI. Salvo avvisare che «non si tratta di mettere bandierine o di giocare al pallottoliere, altrimenti dovremmo chiedere tutto noi». Serve insomma responsabilità da parte di tutti, l’invito.

A via della Scrofa del resto c’è chi bolla come una «cambiale in bianco» – e dunque inaccettabile – la promessa leghista di cedere, in cambio del Veneto, la candidatura in Lombardia nel 2028. Quando cioè le prossime politiche saranno già archiviate e i rapporti di forza potrebbero essere differenti. Così, in attesa del vis-a-vis tra i leader, lo stallo resta. Ed è probabile che nella discussione entreranno anche altri punti che poco hanno a che fare con le candidature in senso stretto. Come la (costosa) richiesta leghista di rottamazione delle cartelle, su cui Salvini non vuole cedere. Il leader leghista potrebbe essere messo di fronte a un bivio: o il Veneto, oppure la pace fiscale.

LA MOSSA

A complicare la questione c’è poi il destino di Zaia, che manda segnali e avverte di volersi “pesare” alle urne, certo che una lista col suo nome potrebbe raggiungere il 40-45%. E condizionare così l’intera partita. Ed ecco che, di fronte questo scenario – e alla necessità di trovare una “via d’uscita” per il doge, che come ha raccontato il Messaggero ha incontrato Meloni a Roma in due occasioni – c’è chi nel centrodestra ipotizza una mossa che sparigli le carte. E che passa pure per la Campania. Dove il candidato dai più indicato come in pole, il viceministro di FdI Edmondo Cirielli, avrebbe espresso in realtà alcune riserve. E così, ecco la (possibile?) soluzione: un nuovo pressing sul titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, per convincerlo a correre nella sua regione d’origine. Un’ipotesi che il diretto interessato ha più volte smentito, certo. «Ma – riflette qualcuno nel centrodestra – se Meloni insistesse…». In caso di sì, il piano prevederebbe una sostituzione al ministero dell’Interno, dove in questo schema potrebbe trasferirsi Francesco Lollobrigida. Il che aprirebbe il ritorno di Zaia all’Agricoltura. Fantapolitica? Probabile. Ma il fatto che l’idea circoli indica che lo schema di gioco, nel centrodestra, è ancora in gran parte da definire. E chissà se per farlo basterà un solo pranzo tra i leader.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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