«Pensa veramente che esista ancora una famiglia tipo quelle degli anni Cinquanta, forte, coesa, con il nonno a capotavola? Lo sto dicendo da molto tempo, la famiglia è in frantumi. E purtroppo la vicenda di Paderno Dugnano non deve sorprendere». Il professor Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e saggista, ripete questi concetti anche da prima dell’orrore di Novi Ligure, datato 2001, una delle storie italiane in cui con più forza è stato mostrato come la violenza possa esplodere anche all’interno di famiglie apparentemente perfette.
Professore, la metà degli omicidi in Italia avviene in famiglia. Come è possibile?
«Prendiamo atto del disfacimento del nostro mondo, del disfacimento della famiglia. Lo dico da trent’anni. E mi sento rispondere che sono il disfattista, che sono il pessimista, che non capisco niente, che bisogna guardare il bicchiere mezzo vuoto. Da anni mi chiamate per commentare delitti di questo tipo… Ma davvero c’è qualcuno, compreso il ministro della Famiglia, che dica che esiste ancora la famiglia? Andiamo».
Cosa intende per disfacimento della famiglia? E perché è avvenuto tutto questo?
«Semplicemente non c’è più un regola. Ed è avvenuto perché non parliamo più. Abbiamo scambiato i soldi con le parole. Una volta si parlava e non c’erano i soldi. Oggi ci sono i soldi ma non si parla più. Un padre non sa dove è suo figlio di 14 anni. Sabato sera c’era mezza Italia che non sapeva dove si trovasse il proprio figlio. Ne aveva una idea molto, molto vaga. Un padre non sa cosa fa il proprio figlio di 14 anni, non sa quanti shot stia bevendo, non sa se consuma cocaina, non sa se fa sesso con una tredicenne. Semplicemente non lo sa. Sa di cosa sanno i genitori?»
Di cosa?
«Di padel, della partita, del prossimo viaggio quando magari si parte sposati e si torna separati. Poi mi dicono «lei è pessimista». No, sono gli ottimisti che sono male informati».
Questa descrizione va contro quello che era il luogo comune dei genitori italiani eccessivamente protettivi. Uno stereotipo che sembrava inattaccabile.
«Sì, ma i genitori italiani sono troppo protettivi nel momento in cui non dovrebbero esserlo. Sono protettivi per la scuola. Vai a discutere se tuo figlio ha preso un brutto voto, se ha preso 5? Ma cosa ti interessa se tuo figlio ha preso 5? Saranno cavoli suoi. Lascialo di fronte alle sue responsabilità. I genitori italiani non sono protettivi quando dovrebbero esserlo, vale a dire a partire dalle 9 di sera. Sono protettivi in modo sbagliato, ecco che non ci sono più i voti a scuola. Guardi, è stato fatto tutto il contrario di ciò che sarebbe intelligente fare. Forse non siamo un popolo così intelligente».
Si tratta di un problema solo italiano o della società occidentale in genere?
«Bah, a me interessa ciò che riguarda l’Italia. Però sì, forse il problema è più generalizzato. Forse negli Stati Uniti è perfino peggio perché hanno cominciato prima. E forse hanno anche più armi a disposizione».
Come si migliora la situazione?
«Mettendo un punto. Possiamo cambiare la scuola, prima di tutto. In maniera rivoluzionaria. Non funziona nulla. Prima di tutto bisogna cominciare a 5 anni e non a 6, finire a 18 e non a 19. Bisogna rimettere i voti come si è sempre fatto. Bisogna avere la scuola a tempo pieno e dare più soldi agli insegnanti. Ma lei pensa che ci sia un politico che pensa a queste cose? Però ho ragione io, me lo faccia dire».
Torniamo al dramma di Paderno Dugnano. Nella pagina Facebook del padre ci sono molte foto con il figlio maggiore, vale a dire con colui che poi lo avrebbe ucciso. Cosa significa?
«Forse sono segnali del senso di colpa. Farsi la foto con un figlio è semplice, fare il genitore è più complicato. Dirgli se vai in motorino senza casco la prossima volta il motorino non lo vedi più è più complicato. E allora meglio mettere le foto su Facebook, più facile».
Lei ha citato la storia di Erika e Omar. Forse è stata quella che ci ha fatto perdere l’innocenza in Italia, ci ha mostrato la famiglia in modo differente. In quel caso Erika era la figlia maggiore. Come a Paderno Dugnano.
«Penso sia una casualità, ogni storia ha una sua ragione d’essere e comunque la società più di vent’anni fa era molto differente. C’è una cosa in comune però tra Novi Ligure e Paderno Dugnano. Una cosa che tra l’altro è peggiorata. All’epoca di Erika e Omar mi invitò al Tg5 Enrico Mentana. E mi domandò: «che cosa può fare un genitore?». Io risposi: «chiedere al figlio: come stai?». Mentana pensò fosse una battuta, una banalità. Ma non è così: forse questo delitto non ci sarebbe stato se qualcuno avesse chiesto: «come stai?». Rispetto a quegli anni tutto è peggiorato. E allora non c’erano i social. E non c’era la droga che c’è oggi. Ovviamente c’era, ma oggi è differente. Oggi c’è la cocaina a tredici anni».
Mi pare di capire che lei continui a essere pessimista.
«No, no. Io continuo a essere incazzato. È diverso».
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