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Hamas è debole, a Gaza rimasti solo in 5mila. Un rischio l’escalation


Decimati. Alle strette, con il fiato al collo, come mai prima d’ora. A Gaza Hamas arranca, l’organizzazione militare dei jihadisti responsabili dei massacri del 7 ottobre è stata falcidiata da un anno e mezzo di bombardamenti dell’esercito israeliano. Il prezzo umano per la popolazione civile è stato altissimo, un massacro che indigna la comunità internazionale. Ma il colpo tattico ai miliziani islamisti è stato altrettanto duro. «Secondo le nostre stime oggi nella Striscia ci sono ancora circa 5mila miliziani», riferiscono fonti di primo piano dell’intelligence italiana al Messaggero.

Un quarto, circa, dei 40mila che diedero inizio alla guerra con il pogrom del 7 ottobre. Nei rapporti dei nostri Servizi sulle tensioni in Medio Oriente si affrescano scenari. È da ricercare anche in quelle stime l’indignazione — mista a imbarazzo — che permea i piani alti del governo italiano di fronte all’escalation militare promessa da Benjamin Netanyahu. Per ultimo con l’approvazione di un piano per l’occupazione di Gaza e lo sfollamento della sua gente.

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Un’escalation che ai vertici degli 007 italiani considerano «pericolosa» in questa fase, proprio perché suscettibile di ribaltare uno scenario tattico drammatico per Hamas. Le cui forze sono ridotte all’osso, l’esercito presente nell’area ormai debilitato nella sua struttura militare e logistica, proprio come è successo agli Hezbollah in Libano. Cinquemila, tanti resistono nel dedalo di cunicoli sotterranei che attraversano i 360 chilometri quadrati della Striscia, in mano ancora un numero esiguo di ostaggi israeliani: trentatré, di cui otto morti. Mentre la comunità internazionale fatica a riattivare l’invio di aiuti alla popolazione civile: ieri l’amministrazione Trump ha fatto sapere che le derrate ripartiranno ma gli israeliani «non saranno coinvolti nella distribuzione del cibo o del suo trasporto a Gaza».

Poi c’è il quadro militare. «Hamas è debole come non mai, ha subito colpi pesantissimi, un’occupazione di Gaza ora rischia di rafforzare il consenso verso i jihadisti rimasti» spiegano le stesse fonti su richiesta dell’anonimato. Sono giorni di tensione fra maggioranza e opposizioni sul dossier mediorientale. Fatta eccezione per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha ricordato il sostegno italiano al “piano egiziano” per Gaza — ricostruzione della Striscia ma senza cacciare la popolazione — regna un silenzio di fatto sul piano di “Bibi” che ha già innescato durissime reazioni dalle cancellerie europee. Incalzata dalle minoranze al “premier-time” al Senato Giorgia Meloni non è entrata nel tema. Potrebbe farlo mercoledì, durante il secondo round alla Camera.

Ma intanto è palpabile, dietro le quinte, la preoccupazione a Palazzo Chigi per l’azzardo del premier israeliano, che rischia di far sfumare del tutto la prospettiva di una tregua e rilanciare la causa di Hamas proprio ora che arranca sul terreno. «Oggi, pur nella sua tragicità, la situazione in Ucraina lascia qualche spiraglio in più rispetto alla guerra a Gaza», è il bilancio degli apparati di sicurezza italiani. Che in mano hanno dati per sfatare un altro mito. Donald Trump ha abbandonato l’Ucraina? Niente affatto. «Il flusso di aiuti militari dagli Stati Uniti sta aumentando, ultimamente gli ucraini stanno ottenendo risultati sul campo. Trump ha detto che è deluso da Putin. È passato ai fatti».

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