Era improbabile che Beppe Grillo stesse zitto di fronte al licenziamento come comunicatore (via i 300mila euro all’anno versati da M5S perché «fa sabotaggio e non aiuta il movimento», accusano i contiani) e a tutto il resto del «massacro» a cui lo starebbe sottoponendo Conte, comprensivo dell’abolizione di un caposaldo dell’identitarismo grillino ossia del divieto del terzo mandato per parlamentari e consiglieri che probabilmente sarà sancito nell’assemblea costituente di metà novembre a Roma.
Ma sì, «sono un vecchio», ammette Beppe. Ma ha deciso di essere uno di quegli anziani spietati e minacciosi. E intanto lancia una bomba contro Conte sulle elezioni di oggi e domani in Liguria. Invitando a non votare i candidati stellati «catapultati dall’alto». «M5S è evaporato», è l’affondo del padre-padrone ripudiato. E ancora lui: «Conte, quando lo vedo, ho un buco nello stomaco. Porta avanti una politica stra-morta».
Grillo risponde a Conte, è scontro totale: «Faccia il suo partito dei 22 mandati, io rivendico il diritto all’estinzione del M5s»
LE OFFESE
Aveva sempre detto, il Fondatore, che Conte è «un’incapace». Lo ha sempre considerato un azzeccagarbugli. Una pochette con niente intorno. Ne ha diffidato fin dall’inizio. Adesso Grillo — «E’ invecchiato molto male», dicono i colonnelli contiani — è davvero furibondo: «Da creatore del Movimento rivendico il mio diritto a dichiarare l’estinzione del Movimento». Gli si contorcono le budella vedendo, «il Mago di Oz che parla di democrazia diretta». Ossia Conte che, come quel famoso personaggio letterario e cinematografico, agli occhi di Grillo rappresenta il dominio dell’Ego sulla coscienza. Sì, Conte faccia pure «il suo partito con la sua bella faccia con su scritto Oz e i 22 mandati. Potrebbe anche arrivare all’8 per cento. Poi se va da Fassino e si fa fare una profezia, può arrivare anche al 15».
Un po’ ridicolizza e un po’ minaccia il Beppe furioso. Liquidarmi così? Si pentiranno amaramente, è l’anatema dell’Elevato contro Conte il quale è convinto che «M5S oggi è più vivo che mai». Nel mondo politico o para-politico, Grillo non ha quasi più nessuno. Virginia Raggi, che i nemici in M5S chiamano «la badante», e pochi altri: da Toninelli che però è Toninelli, a Villarosa, a Lannutti e insomma niente di niente. Neanche Alessandro Di Battista lo segue più, mentre il suo prediletto Roberto Fico aspetta solo che Conte elimini il divieto del terzo mandato per candidarsi contianamente a presidente della Campania con il placet di Schlein contro Vincenzo De Luca e la destra. Però, in quel mondo strambo dell’anti-politica più o meno visionaria, nel populismo né di destra né di sinistra o meglio anti-tutto e si tratta di un pezzo d’Italia ancora esistente, un nuovo movimento di Beppe può avere qualche ascolto e un po’ di voti. Il che non deve lasciare tranquilli Conte i contiani, perché se togli a M5S, che è già in crisi di consensi, per esempio un 2 per cento non solo mandi in tilt il nuovo corso stellato ma anche il campo largo che c’è o non c’è e crei il caos nella strategia dell’entrismo a sinistra di Conte che a quel punto, per svuotare la minaccia di Grillo, non può abbracciare Schlein con troppa disinvoltura.
LA DECADENZA
Ecco, è debolissimo Grillo e triste, solitario y final, ma — come Jep Gambardella di Paolo Sorrentino — ha il potere di far fallire la festa di Conte. Nella contesa di partito avrà la meglio, con una certa facilità, Conte. Ma a livello elettorale nazionale — c’è già una lista di disturbo anti-Conte in Liguria, dell’ex parlamentare grillino Nicola Morra — le cose potrebbero risultare più complicate per la nuova leadership stellata più di sistema e più moderata. «Io a quello lo sfascio», disse Di Pietro da pm a proposito di Berlusconi. Grillo dice la stessa cosa di Conte. L’avvocato del popolo è diventato per Beppe — il quale sta pensando a un movimento bis che potrebbe anche elettoralmente pescare, rivaleggiando con Vannacci, in quello spicchio estremo e destrorso degli apocalittici che si sentono traditi da tutto e da tutti e pure dal moderatismo di Meloni — l’avvocato dei propri interessi, impegnato a costruire una macchina politicista al suo servizio fondata sull’ambiguità e sull’occupazione di poltrone.
E a questo punto, è chiaro che Beppe non serve più ai contiani, che lo vedono ormai ridotto come il vecchio Calvero di Charlie Chaplin di «Luci della ribalta»: nemmeno un centesimo gli vuole dare l’avvocato, carte bollate alla mano. Ma occhio alla vendetta.
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