ROMA Terrazza Borromini, ore 14. Anche qui, nel suggestivo ristorante da cui è partito il Garofani Gate, si respira l’aria di una tempesta ormai alle spalle. O meglio, quasi alle spalle. L’inconsueto grigiume del cielo romano spezza la vista mozzafiato su Piazza Navona, e fa da pendant con l’umore di Andrea Federici, proprietario del locale, che da giorni non fa altro che rispondere a messaggi e chiamate. È un mix di amarezza e franchezza, quello che riserva come antipasto ai suoi interroganti: «Abbiamo letto articoli dove si parla di camerieri con le barbe finte, ma se qualcuno ha registrato, non siamo stati di certo noi». Insomma, «dinamiche interne al tavolo» quelle che hanno portato uno dei commensali ospiti di Luca Di Bartolomei a registrare o riportare le esternazioni di Francesco Garofani, il consigliere per gli Affari del Consiglio supremo della difesa che, in una tavolata tra romanisti, ha invocato la necessità di «dare uno scossone» al governo di Giorgia Meloni. Producendo, di tutta risposta, il cortocircuito che mercoledì ha richiesto un incontro chiarificatore tra la premier e il presidente della Repubblica.
Anche perché è la riservatezza il vero piatto forte del ristorante, meta prediletta di diplomatici, politici e nomi altisonanti dell’alta borghesia capitolina. Dal corridoio centrale salette appartate si snodano lungo i due lati: in quella in fondo sulla sinistra, la sera del 13 novembre sedevano gli ospiti di Luca Di Bartolomei, molti dei quali avevano preso parte, alla Camera di commercio, alla presentazione delle attività svolte dall’associazione intitolata al padre, Agostino Di Bartolomei — il celebre capitano della Roma scomparso 31 anni fa – nata con l’obiettivo di promuovere attività sportive per giovani provenienti da contesti economicamente svantaggiati.
LA CENA
«Io? Al convegno ho partecipato, ma alla cena non ero mica invitato», il refrain che ritorna da molti degli ospiti al convegno di Piazza di Pietra. Tra loro anche il giornalista di La7 Giovanni Floris, andato via a metà per presentare il suo libro in Puglia, il consigliere regionale Flavio Cera – che ha lasciato la sala dopo il suo intervento — e l’ad di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, pure lui “escluso” dal convivio gastronomico. A fare “coming out” è il giornalista sportivo Carlo Paris, ospite di Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1: «Tra quelli presenti conoscevo Luca, il collega Fabrizio Failla e qualche volto ma chi fosse lo stesso Garofani l’ho scoperto dai giornali».
Insomma, più che una comitiva di amici di vecchia data, un gruppo di conoscenti tenuto insieme dalla passione calcistica e dalla conoscenza comune di Di Bartolomei. A far da spartiacque tra i due lati del tavolo era proprio il consigliere quirinalizio. Da un lato, dove sedeva il gruppetto di giornalisti, i discorsi che hanno tenuto banco durante la cena non hanno neppure sfiorato la politica: la fede per la “Magica” ovviamente, le vicissitudini interne alla Rai e gli apprezzamenti per la mozzarella di bufola zizzona, tra le pietanze portate al tavolo. Dall’altro, dove sedeva Garofani, qualche tema politico, invece, è stato toccato: oltre agli «scossoni» politici, e alla velleità di una «grande lista civica nazionale» per fermare la leader del centrodestra, si è parlato anche delle prossime elezioni in Abruzzo, e in particolare all’Aquila, dove si tornerà alle urne il prossimo anno.
Per entrambe le sponde del tavolo, oltre la zizzona, i camerieri hanno servil fritti misti, pasta alla norma e per finire un dolce. Dettagli di contorno che dalle parti di Terrazza Borromini non smentiscono e non confermano: «Non vi diremo che cosa hanno mangiato, ma di sicuro hanno mangiato bene».
Nel day after dell’incontro al Quirinale, a spegnere le ultime scintille, ci pensano gli azzurri. A partire dal vicepremier Antonio Tajani, che parla di una «vicenda chiusa», rimarcando «il rispetto per il capo dello Stato». A ruota lo segue il capogruppo in Senato, Maurizio Gasparri, che interpreta l’exploit di Garofani come una semplice «opinione politica» incauta, ma da leggere come un auspicio che si «formi quell’area della sinistra riformista di Ruffini ed altri, che ora non esiste quasi più». Ma c’è pure chi, come Alessandro Cochi, presidente del Coni Lazio — anche lui all’evento a Piazza di Pietra — prova a sdrammatizzare: «Se vuole può registrare le mie parole, io credo che sia andato tutto un po’ oltre». «Ma lei c’era alla cena?», gli chiediamo. «No, non mi hanno invitato, forse perché tifo Lazio».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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