L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Stefano Donnarumma arriva sul palco dell’auditorium a Roma per presentare l’aggiornamento del piano industriale 2025-2029 con cappello e cravatta rossa da ferroviere. «Voglio rappresentare tutti i nostri lavoratori», dice prima di illustrare numeri e previsioni. Sullo schermo dietro di lui scorre una famosa citazione di Giulio Andreotti: «I pazzi si distinguono in due tipi: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di risanare le Ferrovie dello Stato». È chiaro il messaggio del manager, che invece vuole dimostrare di essere in grado di tenere in ordine i conti della società pubblica dei treni.
«Nel 2025 dovremmo riuscire ad avere un risultato positivo», annuncia Donnarumma (l’anno scorso si era chiuso con una perdita ci circa 200 milioni). Il piano prevede poi di arrivare nel 2029 a mezzo miliardo di utile netto, 3,5 miliardi di margine operativo lordo e 20 miliardi di ricavi (dai 17 attuali).
Il gruppo viaggia intanto nella direzione tracciata a fine 2024 con la presentazione del piano strategico quinquennale. Gli investimenti quest’anno hanno raggiunto i 18 miliardi, di cui 7 per l’attuazione del Pnrr. Una «visione industriale» che secondo Donnarumma si è tradotta «in risultati tangibili e misurabili». L’ad cita in particolare un miglioramento di circa tre punti percentuali di puntualità nell’alta velocità, un punto per il Regionale e tre punti sugli Intercity, «con oltre 35 mila treni riportati in orario nel 2025». E a chi gli fa notare che la percezione dei viaggiatori non sembra essere quella risponde: «Non ci diamo un obiettivo per migliorare la percezione, ma per migliorare il servizio». Il manager rivendica poi di non aver aumentato i prezzi dei biglietti, nonostante le difficoltà e la forte crescita del costo dell’energia, che per le Fs è una delle voci di spesa più pesanti («la nostra bolletta vale un miliardo»).
L’amministratore delegato spiega poi che il mercato domestico delle Ferrovie non è più solo l’Italia. La società è presente infatti con servizi attivi in Spagna, Francia, Inghilterra, Germania, Olanda e Grecia e fattura all’estero oltre 3 miliardi su 17 fra merci e passeggeri. L’obiettivo ora è portare nel 2029 il Frecciarossa anche sotto il tunnel della Manica, sulla Parigi-Londra, una tratta che Donnarumma definisce «molto remunerativa». E di far crescer del 50% i passeggeri dell’Alta velocità in Europa entro il 2030. C’è poi l’opportunità di aprire un nuovo collegamento sulla Parigi-Bruxelles. «Ce l’ha chiesto il ministro dei Trasporti belga», rivela il manager, ricordando che si tratta di una delle linee «più affollate d’Europa», ora gestita dai concorrenti francesi di Sncf, che nel giro di un paio d’anni arriveranno anche sui binari italiani.
IL MODELLO
Resta intanto ancora da risolvere la questione dell’eventuale ingresso dei privati con un sistema tipo Rab (Regulated asset base) per finanziare le opere infrastrutturali. Un modello che si basa su un rendimento applicato al capitale investito e sul riconoscimento dei costi operativi, sulla base di parametri definiti dalle autorità di regolazione. La discussione con il Tesoro va avanti da tempo, il progetto è «complesso» e una decisione ancora non è stata presa. Se ne riparlerà a gennaio, dopo la finanziaria. Ma con quel modello o un altro, assicura Donnarumma, il sostegno finanziario alle Fs anche quando non ci saranno più i fondi del Pnrr non mancherà.
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