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«Flotilla? Pericoloso infilarsi in un teatro di guerra. Irresponsabile usare Gaza per attaccare il governo». Critiche da Conte e Schlein


NEW YORK — Chi si aspettava parole di miele, resta deluso. Giorgia Meloni picchia duro dopo gli attacchi ad alcune imbarcazioni della Global Sumud Flotilla in viaggio verso Gaza, a bordo anche cittadini e parlamentari italiani.

«Tutto questo è gratuito, pericoloso, irresponsabile. Non c’è bisogno di rischiare la propria incolumità, di infilarsi in un teatro di guerra per consegnare aiuti a Gaza che il governo italiano avrebbe potuto consegnare in poche ore», scandisce la premier dopo aver espresso la sua «condanna totale» per quanto accaduto nella notte al largo delle coste della Grecia. Anche dall’Onu e l’Ue arriva una condanna unanime per gli attacchi. Dal Palazzo di Vetro l’annuncio di un’indagine, anche se di dubbi non c’è traccia: la pistola fumante è sul tavolo di Israele.

 

LA NOTTE INSONNE

Tailleur a spina di pesce, il ministro degli Esteri Antonio Tajani al suo fianco, Meloni affronta il punto stampa in un albergo sulla Quinta di New York, a due passi dall’imponente Trump Tower, lasciandosi una notte insonne alle spalle. Aveva deciso di trascorrere la serata in hotel per limare il discorso da tenere all’Assemblea generale dell’Onu, pronunciato quando in Italia è notte fonda. Rinunciando, ancora una volta, al tradizionale ricevimento offerto dal Presidente degli Usa ai capi di Stato e di governo arrivati a NYC per prendere parti ai lavori dell’Unga. Ma la sua serata è stata terremotata dalle notizie in arrivo dalle acque agitate dell’Egeo, al sud di Creta. Granate stordenti lanciate a pochi metri dagli scafi, ordigni carichi di gas urticante scagliati sul ponte, le urla degli equipaggi. Meloni sente il ministro Tajani e il responsabile della Difesa Crosetto, il Capo di Stato maggiore.

Sonda i vertici dell’Aise, la nostra Intelligence, per capire quanto sia grave la situazione. Dunque assume la decisione di inviare una fregata della Marina Militare in soccorso. Mentre parallelamente si lavora a una mediazione per consentire l’ingresso degli aiuti attraverso Cipro, consegnandoli al Patriarcato latino di Gerusalemme, che si assumerebbe poi l’onere di consegnarli. Ma la presidente del Consiglio mastica amaro per un’iniziativa che, sin dal principio, ha sempre guardato con fumo negli occhi, foriera di guai. «Io non sono stupida: quello che accade in Italia non ha come obiettivo alleviare la sofferenza della popolazione di Gaza, ma attaccare il governo italiano — affonda, destando l’ira delle opposizioni — Trovo oggettivamente irresponsabile usare la sofferenza a Gaza per attaccare l’esecutivo». Lancia dunque un appello alla responsabilità, rivolgendosi ai parlamentari a bordo (tra cui i dem Arturo Scotto e Annalisa Corrado, l’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi e il senatore 5S Marco Croatti): «Sono pagati per lavorare nelle istituzioni. Se il tema sono gli aiuti, quelli si potevano consegnare in sicurezza. Non si può rischiare l’incolumità delle persone per iniziative che mettono più in difficoltà il governo invece di aiutare concretamente».

L’incandescente crisi in Medio Oriente soffia sul fuoco fino a Roma. «Siamo disponibili a riconoscere la Palestina – ribadisce Meloni – non a riconoscere Hamas. Quando l’opposizione dice no alla nostra proposta di mozione cosa dice esattamente? Che non vuole il rilascio degli ostaggi? Che vuole Hamas nel futuro della Palestina?», punge dunque serafica.

Medio Oriente e non solo. A preoccupare la premier, come gli altri leader presenti a New York, le continue violazione russe dei cieli Nato, mentre qualcuno, Trump compreso, inizia ad accarezzare l’idea di abbattere jet e velivoli inviati dal Cremlino. Ma per Meloni «bisogna fare di tutto per evitare un’escalation che conviene solo alla Russia» evitando di «cadere nelle trappole» delle «provocazioni» di Putin. Quanto all’Ucraina, che da New York esce rafforzata per via dell’ennesima giravolta di Trump, «mi fido di tutti quelli che cercano di trovare soluzioni efficaci» per Kiev, dice la premier, rispondendo a chi le domanda se ci sia ancora da dar credito al tycoon.

LA MANOVRA, NO A PUNIZIONI

Qualcuno chiede timidamente della manovra, perché a New York si parla di crisi mondiali ma a Roma si fa di conto. «Da qui non spoilero nulla», scherza la premier, ma su un possibile contributo da parte delle banche spiega che sì, è un’ipotesi sul tavolo: «ma non dobbiamo punire qualcuno» piuttosto «cercare alleati». E a chi le ricorda che oggi ricorrono i 3 anni dal giorno in cui vinse le elezioni apprestandosi a diventare la prima donna alla guida del paese, Meloni risponde con una battuta: «oddio, a me sembrano dieci…».

E ancora: il multilateralismo in crisi, Thriller o Man in the mirror?, domanda un cronista rispolverando la passione della premier per Micheal Jackson, definito un anno fa, proprio qui a New York, suo “docente di inglese” complice l’amore per i testi di Jacko. Meloni opta per la seconda, «perché se sappiamo guardarci allo specchio — osserva — e agire davanti alle difficoltà, allora la crisi può trasformarsi in una opportunità». Sarà che Trump sull’Ucraina stavolta ha vestito i panni del poliziotto buono, ché a ripiombare in Thriller basta un attimo.


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