I corpi di Andrea Galimberti, di 53 anni, comasco, e Sara Stefanelli, di 41 anni, genovese, sono stati ritrovati privi di vita dal Peloton de la gendarmerie d’haute montagne di Chamonix. I due alpinisti italiani erano dispersi sul Monte Bianco da sabato scorso. I corpi si trovavano a 4.500 metri di quota, nella zona del «Mur de la Cote», un ripido pendio ghiacciato che porta alla vetta della montagna sul versante francese. Le salme sono state portate a Chamonix. È probabile che siano morti per assideramento e il decesso forse è avvenuto già sabato scorso, in mezzo alla bufera. Recuperati, secondo media francesi, anche le salme di due alpinisti sudcoreani: anche loro risultavano dispersi dal 7 settembre, dopo essere stati sorpresi dal maltempo in alta quota.
L’ultimo allarme
«Veniteci a prendere, non vediamo niente, rischiamo di morire congelati». Sono state queste le ultime parole di Andrea e Sara, poi i cellulari si sono scaricati. Lui, ingegnere laureato al Politecnico di Milano, maratoneta, centochilometrista e sky runner residente nel Comasco, aveva dedicato l’ultimo post sul suo profilo, il 3 settembre, alla scalata del Cervino fatta con la «mia Sara». «Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio». Lei, 41 anni di Genova, aveva frequentato un corso in primavera.
Cosa è successo
La loro non doveva essere un’arrampicata, ma una lunga camminata su un ghiacciaio, legati in cordata, con la piccozza in mano e i ramponi ai piedi. Ma l’arrivo del maltempo ha probabilmente intrappolato i due nella morsa del gelo. I due alpinisti sabato erano riusciti a fornire le proprie coordinate: si trovavano a 4.600 metri di quota, lungo la via normale francese del Goûter. Ai 4.750 metri di quota del colle Major, sul Bianco, la temperatura misurata la notte scorsa da una centralina di Arpa Valle d’Aosta è scesa a quasi -15 gradi e venti fino a 150 chilometri orari. Sfruttando il cielo sereno, i primi sorvoli erano scattati all’alba: prima i francesi e poi gli italiani. L’esito è stato negativo. In alta quota si sono accumulati almeno 50 centimetri di neve fresca negli ultimi giorni, le tracce dei ramponi sul ghiacciaio sono state sepolte. «Avevamo pensato di lasciare una squadra a piedi sulla vetta — spiega Paolo Comune, responsabile del Soccorso alpino valdostano — con due persone che potessero cercare i dispersi . Ma lassù le condizioni sono troppo pericolose, sia per il vento che rende difficile l’operazione sia per la neve instabile che può provocare valanghe». I gendarmi francesi hanno fatto altri tentativi non appena c’è stata una schiarita, fino a quello decisivo. Sono passate quasi 70 ore dall’ultima disperata chiamata e le speranze di trovarli in vita erano pressoché nulle.
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