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Enel tra welfare, nuove generazioni e smart working


Terza giornata del talk «Natale al Messaggero»: anche oggi diversi ospiti saranno intervistati nel salotto del nostro giornale. Ad inaugurare la nostra giornata, i dirigenti Enel, Pierfrancesco Baldassarri e Matteo Cesa.

WELFARE – «Noi dobbiamo utilizzare il welfare come una leva che possa attrarre i ragazzi», dichiara Cesa. «L’abbiamo intesa come qualcosa che possa rendere più equilibrato il rapporto tra la vita lavorativa e personale dei nostri colleghi. Per farlo, abbiamo collaborato con le organizzazioni sindacali che ci hanno aiutato a elaborare misure riguardanti il tempo libero, ma anche per la sanità. Noi abbiamo istituito un fondo dove, ad esempio, sosteniamo le spese mediche. La sfida del 2025 è quella di andare ancora più incontro alle esigenze dei nostri colleghi. Abbiamo anche un fondo complementare dove si può versare il proprio TFR per ottenere maggiori benefici economici in futuro. Mi preme sottolineare anche l’aspetto della genitorialità: come è noto, la legge prevede 10 giorni obbligatori per i neopapà, noi abbiamo esteso i giorni a 30, oltre ad aumentare le soglie del 90% dei congedi parentali. Inoltre, molti colleghi non hanno diritto alla legge 104 per assistere i propri genitori anziani; anche in questo caso, abbiamo ideato delle misure per venire incontro a chi avesse questa esigenza. Negli ultimi tempi abbiamo inaugurato l’asilo nido nella sala di Piazza Verdi, dove i nostri dipendenti possono portare i loro bambini.»

NUOVE GENERAZIONI – «Oggi i ragazzi non ti dicono ‘dimmi cosa devo fare e mi metto a disposizione’, precisa Baldassarri. «Il ragionamento che ti fanno è un altro e anche più profondo. Vogliono che gli venga dato un obiettivo, uno scopo, vogliono capire bene non solo il loro compito, ma anche a cosa porterà il lavoro che svolgeranno. In sintesi, hanno bisogno di sentirsi realizzati lavorativamente. C’è una domanda classica che viene fatta in molti colloqui di assunzione: quella di chiedere al candidato dove si veda tra 10 anni. Io penso che i ragazzi intendano il loro futuro a domani mattina o a questa sera. Il loro futuro è il presente. Credo che abbiano questo approccio anche perché sono nati e cresciuti in un mondo che cambia a una velocità impressionante, guardiamo i progressi che si stanno facendo con l’intelligenza artificiale. In ogni caso, il mix in azienda tra la generazione digitale e quella precedente può essere molto formativo e stimolante per entrambi.»

ASCOLTO – «Riteniamo fondamentale ascoltare le esigenze e i bisogni delle persone», continua Cesa. «Noi lo facciamo periodicamente con delle survey o con misure che ci possano aiutare a comprendere meglio il mutamento tra un periodo e l’altro delle misure da intraprendere per soddisfare e migliorare la vita lavorativa dei colleghi. Rispetto al passato, le persone sono molto più aperte al dialogo. Noi cerchiamo di calibrare l’offerta del pacchetto welfare sulla base delle esigenze che possono cambiare anche rapidamente. L’idea è quella di studiare iniziative nuove; nel 2025 ci vogliamo concentrare sul tema della salute, stiamo studiando un check-up per tutti i dipendenti.»

CAMBIO GENERAZIONALE – «Ci siamo posti la domanda sul cambio generazionale 10 anni fa», rivela Cesa. «Siamo ricorsi alla legge Fornero, che ha ingessato il mondo della previdenza, ma al suo interno aveva una flessibilità, l’articolo 4, che noi abbiamo usato per accompagnare in maniera graduale e volontaria in pensione diverse persone. Questo ci ha permesso di inserire nuovi talenti e forze fresche. Negli ultimi 10 anni, oltre 10.000 dipendenti sono andati in pensione, ma altrettanti sono stati assunti. Abbiamo inserito in azienda nuove competenze. Quei processi di transizione digitale ed energetica li stiamo accompagnando. Ad esempio, si stanno chiudendo le centrali a carbone e i colleghi sono stati accompagnati in pensione, mentre gli altri si sono messi a disposizione per una re-skilling e smistati in altri reparti. Questo significa dare una nuova vita alle persone, impiegandole nel mondo della distribuzione o nelle risorse umane.»

COMPETENZE – «Occorre fare una precisazione riguardo le competenze dei lavoratori», spiega Baldassarri. «Il tema è il riequilibrio tra le soft e le hard skills. Magari prima si cercava qualcuno che fosse specializzato in qualcosa che in quel momento era un settore importante e una competenza fondamentale per il mercato e l’azienda. Ma tornando al discorso che il mondo cambia, così come le esigenze e i bisogni, forse bisogna essere più predisposti a valutare chi magari ha una competenza più soft, ma che allo stesso tempo sia più versatile e plasmabile in altri ambiti.»

SMART WORKING – «La prima domanda che ci fanno i giovani è sui giorni di smart working», commenta Baldassarri. «Ma loro lo intendono in un modo diverso rispetto all’accezione che avrebbe potuto dargli la mia generazione. Io credo che al ragazzo bisogna dare la possibilità di venire in ufficio, ma deve sceglierlo lui, poiché sono loro che devono rendersi conto dell’importanza, soprattutto per i primi tempi, di essere in ufficio, dove si possono apprendere meglio i nuovi processi e conoscere meglio i colleghi. Però non si deve imporre nulla».

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