ROMA Ventisette Paesi, 350 milioni di elettori, quattro giorni per votare in tutto il Continente (da giovedì fino a questa sera) e un’incognita che dirà molto sullo stato di salute dell’Unione: alle urne andrà almeno un europeo su due?
I primi dati, quelli che arrivano dagli Stati in cui si è già cominciato a votare (oltre all’Italia, ieri è toccato a Malta, Lettonia e Slovacchia), sembrano incoraggianti. Nei Paesi Bassi, che hanno aperto le danze del voto il 6 giugno dalle 7 alle 21, l’affluenza ha toccato il 47%, in crescita rispetto al 42% di cinque anni fa. A Malta vola la partecipazione, che nel pomeriggio di ieri (dato non ancora definitivo) ha toccato il 43%, undici punti in più rispetto allo stesso orario del 2019. E c’è già chi nel boom vede un “effetto Metsola”, la presidente uscente del Parlamento europeo – ed esponente di punta del Partito popolare, la principale formazione del centrodestra – che secondo molti può ambire alla poltrona di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue. Ma l’impennata si spiega anche con l’inchiesta per corruzione che di recente ha coinvolto il vicepremier laburista Chris Fearne, costringendolo alle dimissioni.
In Irlanda le urne si sono già chiuse venerdì, ma il dato definitivo dell’affluenza non è stato divulgato: gli exit poll parlano di una partecipazione sui livelli di cinque anni fa, attorno al 50%. Mentre ci si aspetta un forte calo in Grecia e a Cipro, entrambi al voto oggi. Un po’ per il clima, con un’ondata di calore che ha colpito tutti e due i Paesi e che secondo le previsioni potrebbe far desistere gli elettori. Un po’ per ragioni che col meteo hanno poco a che fare. Sull’isola di Cipro, in particolare, è stato adottato da quest’anno un nuovo sistema di voto, che prevede di barrare da sei a dieci schede diverse: una complessità che ha frustrato sia gli elettori che i candidati. E che potrebbe causare un boom di schede nulle o bianche. In Grecia, invece, nonostante presentarsi alle urne sia «obbligatorio» (così come in Belgio, Bulgaria e Lussemburgo), i sondaggi indicano che molti tra coloro che hanno votato per i partiti dell’attuale governo di centrodestra opteranno per l’astensione come forma di protesta.
RITORNO ALLE URNE
La Slovacchia, che nel 2019 fece segnare il record di astensione (al voto andò solo il 22%), potrebbe invertire il trend dopo l’attentato al premier Robert Fico, che secondo le previsioni farà tornare i cittadini alle urne. Fico, ancora convalescente, ha votato ieri in ospedale, postando una foto sui social. E segnali positivi potrebbero arrivare pure dalla Germania, il Paese con più eurodeputati, che ha aperto al voto ai sedicenni. E così facendo, ha allargato il corpo elettorale di un milione e mezzo di persone. L’obiettivo, insomma, è bissare la crescita di partecipazione del 2019, quando l’affluenza (dopo anni di declino) tornò a crescere di quasi dieci punti, attestandosi a quota 50,7%.
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