West Nile o influenza? Come distinguere se si è contagiati da un virus o dall’altro? Si possono seguire tre criteri come indicato dal Prof. Carlo Torti, esperto in Malattie Infettive presso il dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche del Policlinico Universitario Agostino Gemelli. Uno di questi riguarda sicuramente le zone maggiormente più a rischio. In base al quadro che emerge dal quarto bollettino dell’Istituto superiore di sanità (Iss), tra i casi confermati 72 si sono manifestati nella forma neuro-invasiva (2 Piemonte, 2 Lombardia, 4 Veneto, 1 Friuli-Venezia Giulia, 2 Emilia-Romagna, 37 Lazio, 21 Campania, 1 Basilicata, 1 Sardegna), 14 casi asintomatici identificati in donatori di sangue, 85 casi di febbre, 1 caso asintomatico e 1 caso sintomatico. «Nessuna zona d’Italia deve considerarsi immune», specifica l’esperto.
Quando il virus scatena sindromi neurologiche?
Questo è un virus neurotropico, cioè ha la capacità di infettare le cellule del sistema nervoso. Però il virus in realtà ha una diffusione sistemica, cioè arriva al sistema nervoso tramite il sangue, quindi ha una circolazione e può raggiungere diversi organi. Tant’è che nel 20% dei casi dà un segno proprio sistemico di infiammazione che è la febbre. E infatti si parla di West Nile fever, quindi è tipicamente una malattia sistemica prima ancora che neurologica. Infatti la malattia neuroinvasiva, come si sa, interessa meno dell’1% dei pazienti.
Perché può causare la meningite?
Il virus è in grado di penetrare all’interno del sistema nervoso centrale vincendo la barriera emato-encefalica anche perché infetta delle cellule del sangue (monociti) che a loro volta hanno più libero accesso potendo oltrepassare facilmente questa barriera (meccanismo del “cavallo di Troia). Peraltro il virus è in grado di danneggiare anche i nervi periferici con meccanismi indiretti, come ad esempio accendendo una risposta immunitaria abnorme che danneggia i nervi del paziente anziché dirigersi più specificamente contro il virus (auto-immunità). Talvolta la tendenza del virus a determinare problemi neurologici risulta così spiccata che essi sono presenti pure in assenza di febbre.
La mortalità?
I pazienti che sono più fragili, soprattutto i soggetti anziani, ma anche i soggetti con malattie ematologiche, trapiantati d’organo solido o che fanno delle particolari terapie con anticorpi monoclonali, se manifestano la malattia neuroinvasiva hanno un rischio di morte che dal 10% passa rispettivamente al 20% negli anziani e al 30-40% nei soggetti con malattie che provocano una grave immunocompromissione.
Si può manifestare con la febbre?
Nell’80% dei casi non si manifesta affatto oppure con dei sintomi che sono molto lievi e quindi non portano neanche il soggetto a rivolgersi al medico. Nel 20% dei casi, invece, si manifesta con la febbre, ma anche con mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati oppure delle manifestazioni cutanee. Nel complesso questa sindrome può simulare diverse altre malattie che ricordano l’influenza (si tratta di una sindrome simil-influenzale) o la mononucleosi infettiva.
West Nile oppure influenza? Come distinguere?
Innanzitutto dipende dalla stagionalità, cioè bisogna osservare se in un determinato periodo è più frequente l’una oppure è più frequente l’altra. L’influenza, come sappiamo, è più frequente nel periodo invernale, mentre questa malattia approssima il periodo estivo e quindi diciamo che si manifesta in periodi diversi. Certamente è una malattia anche globale, quindi chi proviene da altre parti del mondo, dove chiaramente le stagioni sono differenti, potrebbe essere a rischio, quindi bisogna porre anche attenzione alla provenienza del malato.
Poi si deve anche tener conto della provenienza del paziente, nel senso che, come sappiamo, questa malattia provoca delle micro epidemie che sono un po’ a macchia di leopardo. Quindi, di fatto, la esatta provenienza del paziente da un’area in cui sappiamo che c’è una maggiore circolazione o un maggior numero dei casi ci deve porre maggiormente in allerta.
Qual è il test per capire se si è stati contagiati?
Si fa il test diagnostico. Si vanno a ricercare gli anticorpi, che si manifestano solo dopo circa 8 giorni dall’infezione, quindi c’è un periodo finestra in cui la ricerca degli anticorpi appare falsamente negativa e poi questi anticorpi persistono nel tempo, anche quando il soggetto è guarito. Quindi bisogna stare attenti perché possiamo trovarli positivi, ma il soggetto ha già passato la malattia.
Peraltro la fase viremica, cioè la persistenza del virus nel sangue, è molto transitoria. Questo perché nell’uomo questo virus, in realtà, non è in grado di persistere nel sangue per tanto tempo, a meno che non ci siano delle condizioni di immunocompromissione grave. Per cui, quando noi andiamo a cercare il virus nel sangue, molto spesso un soggetto che manifesta ancora dei sintomi non ce l’ha, perché il virus ha già fatto il suo transito nel sangue ed è “scappato” alla nostra osservazione.
Non è un test, come il Covid, che si compra in farmacia.
È necessario che venga fatto in ambito ospedaliero e in centri che siano accreditati. Per converso, possiamo escludere che si tratti, per esempio, di influenza o di Covid andando in farmacia.
I casi potrebbero essere di più?
La situazione al momento non appare allarmante, però sicuramente è necessario porre una grande attenzione al monitoraggio e ai sistemi di prevenzione e di controllo. Prima era una situazione più tipica del nord Italia, adesso abbiamo visto focolai anche in Calabria, nel sud Italia e a Roma e dintorni. Quindi chiaramente nessuna zona d’Italia, per parlare del nostro paese, deve considerarsi immune.
Ovviamente con i sistemi di sorveglianza clinica vediamo solo i casi che si presentano agli ospedali o all’attenzione di un medico, mentre rischiamo di non intercettare quell’80% di casi che sono asintomatici. Queste considerazioni significano che il virus sicuramente sta circolando molto di più.
Ci dobbiamo aspettare che il virus arrivi anche in altri regioni?
Sì, certo. Con i cambiamenti climatici, l’aumento della temperatura, ma anche il cambio delle rotte migratorie dei volatili, queste infezioni possono trasmettersi e interessare qualunque Paese. D’altra parte, sono partiti dall’Uganda, sono arrivati negli Stati Uniti, poi sono arrivati in Italia. Quindi hanno compiuto dei tragitti lunghi. Nessuna area del nostro Paese può considerarsi immune.
Se ho la febbre, mi devo preoccupare? Come bisogna comportarsi?
Ci si deve comportare esattamente come con le altre sindromi simili influenzali e non essere eccessivamente preoccupati dall’idea che sicuramente sia il West Nile. Occorre osservare la situazione: se i sintomi si risolvono o migliorano in qualche giorno la preoccupazione passa. Altrimenti bisogna rivolgersi al medico. Ovviamente se si vive in quelle zone in cui sappiamo che sono avvenuti già degli altri casi occorre essere più in allerta e quindi consiglio di essere più attenti nel segnalare lo stato di malessere. Se ci sono dei sintomi più preoccupanti, ad esempio quelli che possono indicare un interessamento neurologico (quindi problemi a muoversi, a deglutire, tremori oppure anche altri sintomi più gravi) in tal caso ovviamente non bisogna trascurare questi segnali e occorre rivolgersi al più presto alle cure dei sanitari.
Ovviamente se il quadro è di una certa gravità con segni di meningite o encefalite (ad esempio il paziente appare confuso), il paziente verrà immediatamente condotto a un pronto soccorso; però ci sono dei casi di gravità intermedia, per cui, diciamo, in questo periodo vale la pena essere più attenti nel non trascurare affatto alcun sintomo neurologico che possa indicare la presenza di una forma neuroinvasiva.
Come dicevamo, se si tratta solo di febbre, si osserva qualche giorno e poi se la malattia si risolve lo stato di attenzione può ridursi. Però è chiaro che se uno proviene da una zona in cui ci sono stati degli altri casi la soglia di attenzione, ovviamente, deve essere un po’ più elevata.
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