Marco Tronchetti Provera rafforza la blindatura della Pirelli dopo il disinvestimento improvviso, come è stato a marzo 2020 l’ingresso non richiesto, di Brembo con l’iniziale 2,4% successivamente arrotondato in modo volontario, fino al 6% in quattro tempi. Camfin, la holding italiana controllata da MTP spa (Tronchetti Provera) e dai suoi partner storici, in conseguenza della dismissione della quota di Brembo, ha acquistato il 2,5% della Pirelli, intestato a Camfin Alternative Assets arrivando al 25,28%, con la delega «per l’ulteriore rafforzamento di MTP spa/Camfin fino a una partecipazione massima complessiva del 29,9% di Pirelli», a partire da ieri «e comunque nel corso dei prossimi 24 mesi».
In vista del collocamento della quota, Bnp Paribas, regista per conto del venditore, secondo fonti bancarie, avrebbe sondato tutti i principali azionisti. E la holding controllata da MTP Spa con il 55,37% dei diritti di voto, LongMarch (famiglia Niu) 20,29%, Unicredit 15,82% e Intesa Sp 8,53%, ha dato la disponibilità ad acquistare il 2,5%.
Sicchè, da un lato il nucleo italiano rafforza la presa, dopo che a maggio si era attestato al 22,78%, dall’altro, il gruppo degli impianti frenanti a disco ha completato il piazzamento di tutto le 55,8 milioni di azioni ordinarie della Bicocca, pari al 5,58% ad un prezzo di Euro 5,07 per azione. Il controvalore è stato di 282,9 milioni con una plusvalenza di circa 70 milioni. A seguito della girata sul mercato di questo pacchetto le Pirelli hanno chiuso in Borsa a 5,21 euro (- 2,43%), mentre Brembo a 9,73 euro (+ 0,49%).
Si chiude dopo quattro anni e mezzo un’alleanza che non ha mai preso concretezza strategica nonostante il patto di consultazione stipulato a febbraio 2023 tra Brembo e Camfin in cui si sanciva l’impegno del gruppo bergamasco di adeguare il proprio voto a quello di Mtp/Camfin, dopo essersi consultata in via preventiva sugli argomenti posti in assemblea Pirelli. Sarebbe stata la stessa Brembo a richiedere la sottoscrizione di un accordo per giustificare la sua quota.
Il passo indietro del gruppo bermasco si spiega con l’affanno del settore automotive in Europa in conseguenza anche della crisi del settore green perchè in assenza di incentivi statali, il full electric si è rivelato non competitivo. E poi tra gli obiettivi di Matteo Tiraboschi, presidente esecutivo di Brembo c’era la fusione Brembo-Pirelli anche se le banche azioniste di Camfin spiegano che non sarebbe mai arrivata una proposta specifica.
LO SCENARIO FUTURO
Del resto, secondo l’Ansa, per gli analisti una fusione non aveva senso industriale. Nè si può pensare che Brembo si sia irrigidita a causa della partnership di Pirelli con Bosch che è relativa al sistema di controllo elettronico della vettura di cui il gruppo tedesco è leader mondiale. Comunque il mercato non avrebbe gradito intromissioni nella governance che oggi è ben definita nelle mani di Tronchetti Provera che ha la leadership riconosciuta ed apprezzata per le sue performance crescenti.
Si è concluso senza scossoni il quinto riassetto di Pirelli dal 2013, quando fatta l’opa tra Mtp, Clessidra, Unicredit e Intesa Sp per l’uscita di Malacalza. Pirelli grazie anche al golden power ha una blindatura istituzionale del governo rispetto alla presenza della mulltinazionale cinese Sinochem, primo socio con il 37%, disinnescato dal punto di vista dei poteri di governance.
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