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​«Difendere la patria non è reato»


ROMA Il pressing di Matteo Salvini ha avuto successo. E il risultato è questo: «Viktor Orban ha qualcosa da dirvi». Queste sono le parole del leader leghista nel video pubblicato sulla sua pagina Instagram e poi: «Ci vediamo domenica 6 ottobre a Pontida, per una giornata di sicurezza, libertà e democrazia». Quindi nel video l’inquadratura si allarga ed ecco il premier ungherese Viktor Orban il quale, in inglese, annuncia la sua partecipazione al raduno leghista. I due si stringono sorridenti la mano. «A testa alta, senza paura», si legge nell’immagine conclusiva del post.

Vannacci prende tempo: «Non faccio un partito, per ora». Ma poi non lo esclude: «Voi mi seguireste?»

L’INCONTRO

La coppia Vannacci-Orban sarà dunque sul palco nel sacro pratone lumbard il 6 ottobre. Per la gioia di Salvini che sta costruendo la sua destra local-global e se fosse riuscito a coinvolgere anche Elon Musk nella festa del Carroccio avrebbe fatto bingo, anzi strike. Se mai c’è stata freddezza tra lui e Vannacci — «Ma figuriamoci, ogni volta che leggiamo gli articoli che raccontano i nostri inesistenti bisticci ci telefoniamo e ne ridiamo insieme», parola di Matteo — adesso i due si mostrano a Firenze ostentando un feeling «a prova di pettegolezzi».

«Sono qui per Matteo Salvini perché è il simbolo della difesa della patria», dice il generale ed europarlamentare eletto come indipendente nelle liste della Lega. E lo dice davanti a un gazebo per la mobilitazione del partito nell’ambito del processo Open Arms. Vannacci firma anche, nel tendone, la petizione in solidarietà a Salvini. E ancora lui: «Per una frangia politica, difendere la patria è un reato. Per la sinistra i confini li dobbiamo aprire, deve entrare chiunque. E chiunque fa il suo lavoro, e aderisce all’articolo 52 della Costituzione che statuisce che la difesa della patria è sacro dovere per ogni cittadino e figuriamoci per un ministro, per la sinistra non va bene. Io ho piena fiducia nella magistratura e sono convinto che Salvini dimostrerà la sua innocenza e che la magistratura glielo riconoscerà». Prende qualche applauso Vannacci e i temuti scontri, per un possibile blitz di qualche centro sociale, non si sono verificati.

Salvini al gazebo abbraccia Vannacci e Vannacci abbraccia Salvini. «Vi sembriamo due nemici?», chiedono sorridenti a chi si ferma davanti al tendone. La pax fiorentina, senza che ci sia stata guerra, assicurano il Generale e il Capitano, è sotto gli occhi di tutti. A cementare l’intesa, oltre che l’ammirazione per Orban, il loro modo di sentirsi pacifisti che, oltre a unirli a Orban, li fa avvicinare — secondo i detrattori — alle cattive ragioni della Russia.

Vannacci tranquillizza Salvini: «Sono tutte panzane, non è vero che io stia facendo il mio partito, che stia creando una mia cricca e aprendo una breccia fra me e la Lega. Farloccherie che qualcuno mette in giro per far credere che io e Matteo non andiamo d’accordo. Non ci sentiamo spesso, ci mandiamo qualche messaggio ogni tanto ma non abbiamo bisogno di sentirci perché siamo sincronizzati in automatico». E ancora: «Con Salvini abbiamo in comune la salvaguardia di alcuni principi che noi consideriamo fondamentali, quello della sicurezza, dell’identità, della famiglia, delle radici, dell’identità dei popoli. Questi sono i principi su cui si basa la Lega e su cui mi baso io. E su questi principi noi andremo avanti. Lasciatela parlare la stampa di sinistra, ci fa grande pubblicità!».

IL FEELING

In questa esibizione del feeling con il segretario e con il Carroccio, da parte di Vannacci, qualcosa può comunque aver contato il fatto che la manifestazione del generale e del suo movimento l’altro giorno a Viterbo si sia rivelata un flop. Deve aver fatto capire, quell’evento, al generale che magari è presto o magari non sarà mai il momento per lui di mettersi in proprio. La politica non s’improvvisa, ecco, come dimostra il più attempato partito dell’attuale arco costituzionale, la Lega appunto, che ne ha passate tante, ha avuto glorie e rovesci, e continua a stare sulla scena grazie a un radicamento reale e non a un vento d’opinione che può essere cangiante (per esempio il primo libro di Vannacci è stato un boom, «Il mondo al contrario», e il successivo invece no). E in ogni caso: se l’altro giorno il generale diceva «non escludo di fare un partito», adesso dice «sono frottole quelle su un mio partito». E Pontida, un po’ stile lumbard e un po’ stile ungherese, lo aspetta.

Mario Ajello

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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