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così il tonfo delle Big tech ha accelerato la crisi


Il disastro che sta cancellando i guadagni fatti dai mercati negli ultimi due anni ha una profonda radice non solo nei timori di una recessione, ma anche nel forte ribasso dei titoli tecnologici, in particolare di Nvidia. Il colosso dei microchip, che negli ultimi mesi aveva messo a segno dei rally fantastici, portando il gruppo a una capitalizzazione superiore ai 3.000 miliardi di dollari, ieri a Wall Street ha perso quasi il 6%, facendo scendere il valore dell’azienda a meno di 2.500 miliardi di dollari. I timori sono principalmente legati ai ritardi nella consegna di Blackwell, il chip di nuova generazione che promette di trasformare il mondo dell’intelligenza artificiale: un articolo del sito specializzato in notizie tech The Information sostiene che il gruppo abbia avvisato sia Microsoft che altri partner di un problema con i design del microchip della rivoluzione, ritardando le consegne di almeno tre mesi.

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MILLE MILIARDI

Ma non c’è solo Nvidia: la somma delle perdite delle altre sei big tech quotate a Wall Street – Apple, Amazon, Meta, Microsoft, Alphabet e Tesla – ha raggiunto i 1.000 miliardi di dollari. A farne le spese è stato soprattutto il Nasdaq, l’indice di Wall Street sul quale è quotata la maggior parte delle aziende tech: ieri ha perso il 3% con punte di ribassi che hanno toccato il 4,5%. Oltre a Nvidia proprio Apple è stata una delle aziende maggiormente colpite a causa della vendita massiccia da parte di Warren Buffett: il suo gruppo, Berkshire Hathaway, ha infatti rimesso sul mercato un enorme pacchetto di azioni Apple, facendo scendere le sue quote nel colosso da 140 miliardi di marzo a 84 miliardi di oggi.

Tuttavia questo crollo del mondo tech a Wall Street è stato più volte annunciato: gli investitori del settore tech sono nervosi da tempo, infatti già la settimana scorsa il Nasdaq aveva perso il 3,4%, chiudendo le sue tre settimane peggiori degli ultimi due anni. Il grande spettro che si aggira nei mercati di tutto il mondo si chiama intelligenza artificiale: gli investimenti che Wall Street ha fatto nell’ultimo anno potrebbero aver creato una bolla, visto che non è ancora chiaro quando tutto questo flusso di denaro inizierà a ripagarsi. Il mantra all’interno della finanza di New York è sempre lo stesso. Fino a quando i conti delle aziende restano sotto controllo e le loro attività principali continuano a produrre ricchezza, non ci sono problemi. Ma non appena questa dinamica si inceppa, allora la macchina si ferma. I dati delle trimestrali della settimana scorsa di Alphabet, Microsoft e Amazon hanno mostrato che l’IA, in condizioni di difficoltà, diventa la principale colpevole. E i timori di una bolla si moltiplicano.

RISCHIO BOLLA

Va ricordato inoltre che nei mesi scorsi, quando gli investitori hanno chiesto informazioni più dettagliate sull’andamento di Meta e di Alphabet, entrambi i Ceo, Mark Zuckerberg e Sundar Pichai, hanno detto che le due aziende stanno spendendo molto per riuscire a costruire l’infrastruttura IA, senza precisare quando questi investimenti porteranno benefici. A giugno una nota di Goldman Sachs avvertiva che le aziende che spendevano di più avevano poco da mostrare per giustificare le loro spese nell’intelligenza artificiale. Elliott Management, uno dei più grandi hedge fund al mondo, avrebbe detto ai suoi clienti di fare attenzione perché Nvidia era in una «bolla» e che la frenesia e l’entusiasmo riposto nell’intelligenza artificiale erano «sopravvalutati».

Nonostante questo l’analista di Goldman Sachs Toshiya Hari ha più volte sostenuto che le azioni di Nvidia siano da comprare a un prezzo di circa 135 dollari ad azione: questo perché continua a essere convinto che nonostante i ritardi nelle consegne, ormai previste per la fine dell’anno, Blackwell avrà un ruolo centrale nella crescita del gruppo californiano, che continua a mantenere una posizione di leadership nel mercato. Ora bisogna attendere il 28 agosto quando Nvidia pubblicherà i conti del secondo trimestre dell’anno e in questo modo gli analisti potranno capire se la crescita del gruppo è sostenibile o se il rischio di una bolla può passare dal regno delle ipotesi a quello dei rischi probabili.

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