Uniti a parole, meno nei fatti. Nemmeno la battaglia per il referendum contro l’autonomia differenziata avvicina i cuori dei leader del centrosinistra, feriti e distanti dopo i litigi delle ultime settimane che hanno decretato più o meno ufficialmente la fine del tanto discusso campo largo. L’assemblea del comitato promotore del referendum contro la riforma Calderoli, convocata ieri mattina a Roma, pareva l’occasione giusta per rivedere i big insieme sullo stesso palco ma così non è stato. A dare forfait è stato soprattutto il leader M5s Giuseppe Conte. Troppo breve il preavviso — secondo la versione ufficiale — tanto che l’ex premier «non ha potuto presenziare per impegni pregressi» e al suo posto ha inviato, in extremis, la senatrice Alessandra Maiorino.
Ma la verità è da ricercare altrove, ovvero nelle frizioni che hanno coinvolto ultimamente dem e grillini su nomine Rai, presenza dei renziani in coalizione e più in generale su questioni locali e candidati da scegliere in vista del triplice appuntamento di fine anno in Liguria, Emilia Romagna e Umbria. È più facile ritenere quindi che Conte stia evitando di proposito gli eventi pubblici con la Schlein, anche quelli dove c’è un obiettivo comune da raggiungere. Il modo migliore per rovinare la tavola imbandita dai dem, forti stavolta del successo della raccolta firme contro l’autonomia differenziata. Schlein glissa, non commenta le distanze tra i due partiti né l’assenza dell’ex premier: «Conte? Oggi siamo qui per festeggiare un grande percorso che ha portato alla raccolta di un milione e 300mila firme. Ora la vera sfida è portare i cittadini al voto». Sogna di farcela e i primi sondaggi la fanno ben sperare: se si andasse oggi al voto, l’autonomia differenziata potrebbe essere davvero abrogata. Poi alza la barra sull’elezione dei giudici della Corte Costituzionale. «Non accetteremo alcun blitz — avverte dopo la divulgazione della chat con cui Fdi invitava i propri eletti a votare — gravissimo anche solo averlo appreso dalla stampa. Questa concezione proprietaria delle massime istituzioni della Repubblica deve finire qui».
I NODI RENZI E DE LUCA
Come se non bastasse, la segretaria Pd deve fronteggiare un’altra spina che arriva da Verdi-Sinistra, con Angelo Bonelli che cerca chiarezza sulle future alleanze. Il vulnus è sempre lui, Matteo Renzi. Prima — sottolinea il portavoce Verdi — bisogna vincere le sfide con Orlando, De Pascale e Proietti in Liguria, Emilia Romagna e Umbria, poi però dopo le regionali «serve un chiarimento politico. Il governo passa per programmi e persone credibili, la stagione del renzismo non ha rappresentato un elemento di credibilità ma di profonda lacerazione nel paese».
Infine nel primo pomeriggio un’altra doccia gelata per la segretaria. Stavolta in casa propria, col presidente della Campania Vincenzo De Luca che si dice pronto a candidarsi per un terzo mandato in Regione: «Vado avanti a prescindere, chi ci sta ci sta». Un chiaro braccio di ferro col Nazareno, che nelle ultime ore tramite vari esponenti aveva ribadito la propria contrarietà ad un De Luca ter.
Federico Sorrentino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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