«Quando siamo scesi sott’acqua, attorno alle 5 e mezza del mattino, abbiamo ritrovato uno yacht praticamente intatto. Sembrava uno scenario simile alla Costa Concordia, in scala ridotta. Purtroppo sono ricerche molto complicate». Marco Tilotta è un ispettore del Nucleo sommozzatori dei vigili de fuoco di Palermo, tra i primi a intervenire a Porticello, nel Mar Tirreno, dopo che la tromba d’aria ha affondato lo yacht Bayesian, con 22 persone a bordo. In 15 erano già state portate in salvo, un corpo è stato ritrovato senza vita, gli altri sei ieri erano considerati dispersi.
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Cosa avete visto?
«L’imbarcazione è apparentemente integra. È appoggiata su un fianco, nel lato di dritta. Non presenta squarci, segni di urti. Abbiamo fatto una ispezione sia a prua sia a poppa. Ora tocca al gruppo di speleo sub di Roma e Sassari entrare proprio all’interno dello yacht. Noi possiamo immergersi fino a 50 metri, ma per legge possiamo entrare fino a quando l’uscita è visibile. Poi, tocca ai colleghi speleo sub che hanno una specializzazione specifica e attrezzature differenti, alcuni di loro hanno operato proprio nel caso della Costa Concordia».
Ma è vero che dagli oblò si riuscivano a vedere i cadaveri?
«No, è una falsa notizia che è circolata. Dagli oblò siamo riusciti a vedere solo la condensa, detriti, bottiglie, residui».
Come è possibile che sia intatta l’imbarcazione?
«Si stanno vagliando tutte le ipotesi, ma è difficile dare una risposta. Forse non hanno avuto il tempo di gestire la tromba d’aria, che è stata estremamente intensa, improvvisa e molto localizzata. Con vento fortissimo. Viene da pensare che uno yacht così grande possa comunque essere stato ribaltato. Ma hanno davvero avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato».
Qualcuno potrebbe essere stato sbalzato fuori, lontano?
«Stiamo svolgendo ricerche anche sulla costa con gli elicotteri e in mare con le moto d’acqua. Poiché però tutto è avvenuto di notte e la tromba d’aria è stata improvvisa presupponiamo che diverse persone stessero all’interno».
Il corpo del cuoco come lo avete recuperato?
«Il nostro intervento è arrivato a una profondità di 48,4 metri. Una prima squadra (formata da tre uomini più uno che fa assistenza ai soccorritori) identifica il corpo e lo fissa per metterlo in sicurezza, poi però deve risalire, e interviene una seconda squadra per il recupero vero e proprio. Questo avviene perché ci sono i tempi da gestire: abbiamo 11 minuti a disposizione, considerando però anche i 4 minuti di discesa. Quindi una volta localizzato e agganciato il “target” poi devi risalire e interviene la seconda squadra. Così abbiamo fatto anche in questo caso, il corpo era sul lato di poppa, all’aperto».
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