Nel 2025 i fondi per gli incentivi all’immatricolazione di nuove e meno inquinanti auto ammonteranno a 750 milioni. Ma dal 2026 — e fino al 2030 — saliranno a un miliardo all’anno. In totale 5,750 miliardi. Soprattutto, potranno beneficiare di questi fondi soltanto i modelli che utilizzano componentistica europea. Anche quelli prodotti dalle case cinesi interessate a delocalizzare in Italia: al riguardo le interlocuzioni non sarebbero in uno stato avanzato soltanto con Dongfeng ma anche con altri due colossi dell’ex Impero di Mezzo. L’importante è che non siano degli assemblatori e che utilizzino almeno il 40 per cento di componentistica prodotti tra Italia e Europa.
Incentivi auto a chi usa componenti made in Ue: ecco come cambia la strategia dei bonus
LO SCHEMA
Ieri, al tavolo dell’automotive e davanti a tutti gli attori della filiera, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato il nuovo schema delle incentivazioni. Si è anche soffermato sulle misure in campo per rilanciare (anche con una seconda grande casa) un’industria che tra produzione e indotto garantisce oltre 200mila posti di lavoro. «È allo studio un meccanismo — ha spiegato — che privilegi le produzioni con un alto contenuto di componentistica europea», con «componenti prodotte localmente». A settembre sarà presentato il piano, che prevederà anche maggiori aiuti ai costruttori. Al riguardo il ministro ha aggiunto — senza fare nomi — che «sono stati sottoscritti Nda (un accordo di riservatezza, ndr) e un MoU (memorandum of undestanding) tra il Mimit e 3 case automobilistiche cinesi». Oltre Dongfeng, si fa il nome di Chery.
IL VERTICE
Durante il vertice si sono registrate nuove tensioni tra lo stesso ministro e Stellantis. Per la cronaca, alla fine dell’incontro sia Urso sia i rappresentanti del colosso italo-francese hanno auspicato dopo l’estate un accordo generale sul futuro degli impianti italiani, in primis quello di Mirafiori, di un marchio come Maserati o dell’investimento sulla Gigafactory di Acc (nell’azionariato anche Mercedes e Total) diTermoli. Pezzi centrali nell’obiettivo del governo di portare la produzione dei veicoli a un milione di mezzi. Urso non avrebbe gradito il passaggio fatto dall’azienda, quando gli hanno ricordato che lo sbarco di un player cinese avrebbe cambiato le condizioni per gli altri produttori già presenti. Il ministro avrebbe replicato ricordando il recente ingresso del gruppo nel capitale di Leapmotor e la decisione di produrre nello stabilimento polacco di Tychy un’utilitaria elettrica della casa cinese.
Urso avrebbe poi stigmatizzato i tempi con i quali Stellantis ha comunicato la cessione della maggioranza di Comau. «I governi precedenti se ne sono lavati le mani come Ponzio Pilato: non faremo altrettanto». Quindi non si è detto soddisfatto su una delle direttrici della campagna di incentivi: «l’aumento della produzione» interna. Spiegando che — anche visto il numero di 500 e Panda elettriche assemblate a Mirafiori e Pomigliano — non sono stati raggiunti gli obiettivi «posti insieme alle aziende». In primis Stellantis.
Nessuna replica ufficiale dalla casa. Ma nel settore si fa notare sia la volontà di chiudere un accordo con il governo italiano sia che, investimenti ulteriori rispetto a quelli annunciati compreso quello della Giga factory di Termoli o gli attuali livelli di produzione sono legati alle tendenze del mercato. E al momento la richiesta di auto elettrica in Italia e in Europa è bassissima.
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