Innovare significa uscire dagli schemi. Significa pensare, come dicono gli anglosassoni, “out of the box”, fuori dalla scatola. Dal 17 al 19 ottobre, al Gazometro Ostiense di Roma, prenderà il via la tredicesima edizione di Maker Faire, la più grande fiera dell’innovazione d’Europa. È organizzata da Innova Camera, azienda speciale della Camera del Commercio di Roma.
E nelle sue mura ospiterà centinaia di innovatori che pensano, appunto, fuori dalla scatola. Robot calciatori, veicoli elettrici sostenibili e riciclati, pile che non finiscono mai e mani robotiche per persone con amputazioni, durante la fiera saranno presenti 380 stand espositivi, con la partecipazione attiva delle università (92 progetti presentati) e delle scuole secondarie (200 progetti).
IL PROTOTIPO
Tra gli istituti di tutta Italia partecipa anche l’ITT Montani di Fermo, nelle Marche. Il loro prototipo, chiamato “Green Chemistry for Human Mining”, vuole intervenire su un dato allarmante che riguarda il riciclo dei rifiuti cosiddetti Raee. L’acronimo sta per “Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche” e il dato, pubblicato l’anno scorso dall’Unitar (istituto di formazione e ricerca dell’Onu), racconta che quasi l’80% di questi rifiuti (computer, smartphone, ecc.) non viene riciclato correttamente. Ciò significa che rimangono quindi pericolosi per l’essere umano e per l’ambiente. Il riciclo dei Raee punta, principalmente, a estrarre i metalli rari all’interno dei circuiti e delle schede elettroniche, parliamo di oro, argento e palladio.
Ma il processo, attualmente, è molto “aggressivo”. Lo spiega al Messaggero la professoressa di chimica dell’istituto Montani Teresa Cecchi: «A ora, per estrarre l’oro e i metalli dal rifiuto elettronico, si sciolgono tutti insieme con reagenti tossici e aggressivi. E poi, in quel miscuglio di metalli si agisce per separare l’oro. Questa procedura presenta due svantaggi: l’uso di reagenti tossici, che mette in pericolo l’operatore e l’ambiente, e la perdita di purezza dell’oro. Perché se lo mescolo insieme ad altri metalli, quello che riprendo non è puro come quello che avevo nel prodotto elettronico». Così, la docente, 56 anni, e il professore di elettronica Daniele Postacchini, 58 anni, insieme alle ragazze e ai ragazzi dell’istituto hanno imbastito un progetto che rende il riciclo dei materiali Raee (e il recupero dell’oro) più sostenibile e meno rischioso per l’uomo. Al posto di usare reagenti come l’acqua regia (una miscela di acido nitrico e cloridrico), ecco che entrano in gioco composti chimici derivati principalmente da rifiuti alimentari (come l’acido lattico). «Proviamo quindi a ribaltare la strategia», continua Cecchi, sottolineando come negli smartphone la concentrazione dell’oro sia venti volte superiore rispetto alla pietra aurifera stessa.
LA METODOLOGIA
«Noi non sciogliamo l’oro, ma il rame, che si ossida con una certa facilità. Così evitiamo che il recupero di un problema, i Raee, non ne crei un altro. Partiamo da uno studio che avevo pubblicato io stessa nel 2015». Questa metodologia avrebbe due risvolti. Il primo economico: «Mancano le materie prime per l’elettronica, che ora è architettura intangibile delle nostre vite», spiega la docente. E il secondo, etico: perché se i Raee non sono riciclati correttamente diventano rifiuti estremamente inquinanti. La prova che questa strada sia possibile arriva poi dal Politecnico di Montréal, in Canada.
Nel 2022, l’istituto (che con la scuola secondaria marchigiana ha una collaborazione) ha creato un transistor partendo dall’oro che è stato riciclato dagli studenti, seguendo questa procedura. Il risultato? «Funziona perfettamente, proprio come l’oro di altissima purezza commerciale». La novità assoluta del progetto è l’automazione di tutto il processo di estrazione dell’oro, gestita invece da Daniele Postacchini, che insieme agli studenti ha costruito un robot che (attraverso una pinza) prende i rifiuti elettronici (come le Ram dei computer) e li posiziona in un contenitore con il liquido reagente già preparato.
«Al termine della lavorazione, il materiale che cade sul fondo del contenitore viene estratto con un sistema di aspirazione. È una parte ancora da perfezionare e migliorare, ma serve a dire: “Si può fare su larga scala”. E ora con gli studenti ci metteremo subito al lavoro».
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