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Addio a Cesare Cursi, da Fanfani a Berlusconi una vita politica nel segno dell’equilibrio


Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, durante la sua lunga carriera politica e professionale, lo ricorda soprattutto per quelle caratteristiche che ne misuravano il grande spessore personale. L’indubbia competenza, il senso del dovere, i saldi valori, la passione che metteva in tutto ciò che faceva. Ma soprattutto l’equilibrio, la sobrietà, la lealtà nei rapporti umani e la sincera attenzione alle persone. Doti non comuni, in una politica ormai avvezza allo scontro e ai toni esasperati, che l’hanno sempre fatto apprezzare da tutti, compresi i suoi avversari. Cesare Cursi, già deputato e senatore della Repubblica, è scomparso ieri a Roma alla soglia degli 83 anni, che avrebbe compiuto il prossimo 18 dicembre, circondato dall’affetto della sua famiglia e dei suoi cari: la moglie Lia, le figlie Daniela e Veronica (giornalista del Messaggero), i nipoti Alberto, Cesare e Lorenzo. Con la sua scomparsa, la politica italiana perde una figura che ha segnato, con costanza e dedizione, oltre quarant’anni di vita istituzionale.

LA VITA

Nato a Roma nel 1942, laureato in Giurisprudenza e avvocato cassazionista, Cursi ha dedicato l’intera vita al servizio delle istituzioni e del Paese, portando con sé la competenza di un tecnico e la passione di un politico autenticamente radicato sul territorio. Figura di lungo corso della politica italiana, Cursi aveva iniziato la sua attività istituzionale come capo della segreteria di Amintore Fanfani, proseguendo poi un impegno parlamentare durato cinque legislature: tre al Senato e due alla Camera. Nel corso della XI legislatura, svolta da deputato, si era distinto come il parlamentare più attivo, con 106 progetti di legge presentati: un dato che lo collocò ai vertici dell’iniziativa legislativa dell’epoca. È stato inoltre sottosegretario ai Trasporti e poi alla Salute nei governi di Giuliano Amato e Silvio Berlusconi, ricoprendo incarichi di rilievo in due settori strategici per il Paese. Nel corso della sua attività parlamentare è stato presidente della commissione Industria, Commercio e Turismo, distinguendosi per la serietà e la capacità di dialogo con tutte le forze politiche e sociali. Cursi ha mantenuto per tutta la vita un rapporto saldo con i territori: soprattutto con il Lazio, dove era considerato un interlocutore particolarmente affidabile da amministratori, associazioni e categorie professionali. Lascia l’eredità di un impegno civile misurato, rigoroso e coerente, lontano dai clamori ma radicato nella concretezza. La camera ardente sarà allestita in Senato, nella sala intitolata ai Caduti di Nassiriya, domani dalle 10 alle 18.

LE REAZIONI

Il mondo della politica gli tributa un omaggio commosso. Cursi «ha sempre servito le Istituzioni con competenza, rigore e senso dello Stato, ricoprendo anche ruoli di grande responsabilità con equilibrio e serietà», sottolinea il presidente del Senato, Ignazio La Russa. «Ricordo con commozione Cesare Cursi, per lunghi anni parlamentare e uomo di governo e, negli anni della Prima Repubblica, stretto collaboratore di Amintore Fanfani e organizzatore della sua corrente — dice il senatore ed ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini — Mi unisco al dolore dei suoi familiari e dei suoi amici, ricordandone la passione politica, le qualità umane, la sua attenzione per gli altri». «Cesare era un punto di riferimento per tutti coloro che credono nel servizio pubblico: avvocato stimato, politico rigoroso, sempre vicino al territorio e ai cittadini», gli fa eco il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Un uomo «che ha dedicato la propria vita alle istituzioni e al servizio pubblico», è il ricordo del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. «Ha sempre dimostrato competenza, serietà e un profondo senso di responsabilità», dice il governatore. «Ricordiamo Cesare per il suo impegno infaticabile e la passione che ha sempre avuto sui temi delle politiche sociali e della politica sanitaria», dichiara Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama. «L’Italia perde un punto di riferimento istituzionale di elevato spessore e caratterizzato da competenza e attaccamento al territorio», osserva il presidente della commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone.


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