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Ad Atreju tiene banco il referendum, Calipari e Pasolini nel Pantheon di FdI


Di ufficiale, giurano, c’è solo la locandina. Ma la verità è che la macchina organizzativa di Atreju è in moto già da tempo. Da mettere in piedi c’è l’edizione più lunga di sempre: nove giorni, dal 6 al 14 dicembre, due in più rispetto all’anno scorso. La kermesse di Fratelli d’Italia torna a Castel Sant’Angelo, la location che ha tenuto a battesimo il potere meloniano di governo nel 2023. Lo fa, certo, con un motto nuovo — «sei diventata grande» — ma pure con un “pantheon” di partito nuovo di zecca e con una mostra sulle contraddizioni della sinistra. Piccoli tasselli a coronamento del traguardo dei tre anni a Palazzo Chigi. Da affiancare a quella che è ormai la vera madre di tutte le riforme: la separazione delle carriere. Pure Atreju, a modo suo, ring e cassa di risonanza della lunga campagna referendaria.

IL RING

Chi ha sentito Cesare Parodi in queste ore assicura che l’invito ufficiale non è ancora arrivato. Dalle parti di via della Scrofa, però, tutti sembrano voler esaudire il desiderio del presidente dell’Anm, che si è autocandidato come ospite della kermesse per venire a spiegare la sua contrarietà alla riforma. L’anno scorso – quando ancora immaginare il via libera definitivo della riforma sarebbe stato lunare — a presenziare era stato l’allora numero uno del sindacato delle toghe, Giuseppe Santalucia. Con il referendum a primavera è difficile che la questione resti contingentata a Parodi. Condirà gli interventi dei big di partito, a partire da Andrea Delmastro, sottosegretario a via Arenula, e ovviamente del ministro Carlo Nordio, ospite d’onore del podcast di Atreju proprio in questi giorni. Ma diventerà un terreno di confronto difficilmente evitabile anche per i leader di opposizione che saranno invitati e che accetteranno di presenziare (il grande punto interrogativo resta Elly Schlein). Soprattutto visto che altre riforme — come il premierato e lalegge elettorale — sono destinate a rimanere ferme al palo almeno fino a gennaio. Festa che vai poi, pantheon che trovi. Dopo quello dei forzisti, inaugurato a Telese – quaranta figure del mondo culturale, sportivo, religioso e politico – anche i meloniani metteranno in piedi il loro. Ma guai a dare agli azzurri il primato della trovata. Perché, ricorda un maggiorente, «già l’anno scorso era stata allestita una mostra con personaggi simbolo che hanno tracciato la via italiana».

GLI ESEMPI

Il “pantheon meloniano” non sarà forse “popoloso”come quello degli alleati ma, di certo, pescherà nella società civile: ci sarà, ad esempio, Sammy Basso, il giovane biologo e ricercatore, affetto da progenia e morto prematuramente a 28 anni: «Un esempio luminoso per tutti noi», ha scritto sui social la premier qualche settimana fa, a un anno dalla sua scomparsa. Con lui, tra i gli esempi illustri, Giorgio Perlasca, Guglielmo Marconi e poi Pier Paolo Pasolini. E non perché la kermesse cada in concomitanza dal quarantesimo anniversario della morte dello scrittore e regista italiano: c’è chi, a via della Scrofa, lo apprezza per i suoi riferimenti alla “destra divina”, opposta alla “sinistra profana” del progresso. E c’è chi cita il suo scritto a difesa dei poliziotti colpiti durante gli scontri del ‘68 a Valle Giulia. Spunta Amedeo Guillet, ufficiale di cavalleria, ribattezzato”Comandate Diavolo”: fu lui, nel 1941, in Eritrea, a guidare le ultime cariche di cavalleria della storia contro i britannici. Continuando a combattere, mentre l’impero di Mussolini era ormai finito, da solo sotto falso nome, vestito da arabo. Ma i meloniani ne ricordano l’impegno successivo nei panni di uomo delle istituzioni e diplomatico: «Dopo la guerra fece da collante tra l’Italia repubblicana e i paesi del Golfo, tramutando l’esperienza di guerra in esperienza diplomatica: è il nostro Lawrence d’Arabia». Eroi d’un tempo ed eroi contemporanei come Nicola Calipari, il funzionario del Sismi morto a Baghdad, nel 2005, mentre riportava in salvo la giornalista Giuliana Sgrena. Un impegno il suo, ereditato dalla moglie Rosa, eletta in passato con il Pd. Nessun intento di «mettere un’etichetta di partito a questi personaggi», spiega chi è dietro all’organizzazione, ma «di renderli dei punti di riferimento anche per la destra». Di lotta e di governo.


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