FROSINONE Sono cinquecento giorni che Maurizio Sarri ha lasciato la panchina della Lazio, schiacciato dal peso dei suoi problemi personali e dalla consapevolezza che lo spogliatoio stava diventando ingestibile anche per un Comandante come lui. Era il 10 marzo del 2024, i biancocelesti erano appena caduti all’Olimpico contro l’Udinese e Mau si era preso qualche ora per poi consegnare le proprie dimissioni. Sabato 26 luglio 2025 il tecnico toscano è tornato su quella panchina (a Frosinone) che gli era rimasta nel cuore e che non ha voluto abbandonare neanche quando ha saputo che il club non avrebbe potuto fare il mercato che desiderava. Troppo amore, troppa riconoscenza verso la gente che oggi lo ha trasformato nell’unica icona riconoscibile di questa Lazio dopo gli addi di Sergej, di Immobile, di Luis Alberto e di Felipe.
SOLO TRE MINUTI — In panchina il Comandante ci è rimasto poco più di tre minuti, poi si è alzato, stizzito e incupito, pronto a dirigere da bordo campo le operazioni mentre la curva contestava Lotito. Mau aveva appena salutato il collega Biancolino e subito dopo Roberto Insigne, il fratello di Lorenzo, uno che a gennaio potrebbe dare una scossa alla squadra biancoceleste. Una stretta di mano e un breve abbraccio: era stato proprio il nuovo giocatore dell’Avellino a chiedere di Sarri, che ha contraccambiato con affetto.
Il tecnico, a bordo campo, ha richiamato Pedro e Vecino, ha chiesto alla Lazio di essere più propositiva e più sveglia nello sviluppo del consueto 4-3-3. Nello spazio di quindici metri si è mosso su e giù, non con l’impeto di Simone Inzaghi ma con la testa spesso rivolta a terra e l’inseparabile “cicchetto” tra le labbra. Momenti di riflessione, lo studio attento di quello che stava accadendo, Sarri ha anche subito protestato con educazione, affrontando il quarto uomo Di Mario, per un fuorigioco fischiato a Castellanos. E ancora quando al Taty è stato annullato uno splendido gol di testa per una presunta spinta al suo controllore. Nessun impeto, perché siamo soltanto in estate, ma certo che Sarri con i direttori di gara e i loro collaboratori ha sempre un rapporto molto difficile: vedremo se le sue abitudini saranno cambiate.
Ad un certo punto Mau si è girato verso i suoi collaboratori e ha mandato a quel paese Vecino, uno dei fedelissimi, per una giocata sbagliata. Più volte si era incupito con Rovella e con Dele-Bashiru, che avrà bisogno di tempo per capire che cosa vuole il suo nuovo allenatore. Non più a briglie sciolte come accadeva con Baroni, ma inquadrato in un contesto dove se sbagli una mossa salta tutto. E’ una Lazio tutta da ricostruire e ci vuole tempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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